Con i sensori di movimento ormai universalmente presenti negli smartphone, usati per esempio per cambiare in orizzontale o verticale l’assetto dello schermo, si potrebbe creare una rete capillare a basso costo che raccolga informazioni sugli eventi sismici.
Queste sono le conclusioni alle quali sono arrivati due ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Antonino D’Alessandro e Giuseppe D’Anna.
Il loro lavoro è stato pubblicato sul numero di ottobre della rivista Bulletin of the Seismological Society of America. I cellulari delle ultime generazioni utilizzano una tecnologia sviluppata negli anni ’90 chiamata Micro Electro-Mechanical Systems (Mems).
Si tratta degli accelerometri, utilizzati all’inizio nel settore degli airbag e che adesso si trovano anche nelle console dei videogiochi. L’idea dei ricercatori italiani è quella di utilizzare un particolare modello molto sensibile di questo sensore a basso costo per creare una rete capillare di “segnalatori di movimento”. “I test eseguiti hanno mostrato come l’accelerometro prodotto dalla STMicroelectronics di Catania sia in grado di registrare fedelmente terremoti di moderata-forte magnitudo – dice Antonio D’Alessandro -.
Le prove sono state realizzate confrontando i dati acquisititi dall’accelerometro con quelli di tipo professionale, del valore di diverse migliaia di euro, comunemente utilizzati in campo sismologico per il monitoraggio di forti terremoti.
I risultati sono stati strabilianti. La capacità del minuscolo sensore nel registrare forti accelerazioni, è stata quasi identica a quelle dell’accelerometro professionale“. Secondo gli autori, i sensori Mems potrebbero essere utilizzati per la creazione di una rete sismica urbana che trasmetterebbe in tempo reale ad una postazione centrale i dati del movimento terrestre per una immediata valutazione.
Il ricco volume di dati potrebbe aiutare i soccorritori ad identificare le aree di maggior danno potenziale, permettendo loro di portare i primi aiuti in modo più efficace. “Come ben noto i terremoti tendono a ripetersi in zone già colpite in passato – spiega Giuseppe D’Anna -. In questa prospettiva sarebbe importante predisporre, per i centri abitati, già in passato colpiti da forti terremoti e quindi ad alto rischio, appositi sistemi di monitoraggio”.
Negli Stati Uniti, però, per creare una rete di questo tipo hanno intanto pensato di usare anche i sensori già installati negli smartphone e molti cittadini Usa, scaricando un’apposita applicazione, hanno messo a disposizione il proprio cellulare, lasciandolo acceso durante la notte, purché poggiato su una base solida, per non dare false rilevazioni.
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