“Certi silenzi istituzionali fanno più male delle minacce di morte”. Lo ha detto il magistrato Nino Di Matteo intervenendo al Liceo Danilo Dolci di Palermo nell’ambito del progetto legalità portato avanti dall’istituto, che ha sede in un bene confiscato.
“Anche all’interno della magistratura ci sono stati soggetti infedeli – ha aggiunto Di Matteo – ma uno Stato che vuole essere credibile agli occhi dei cittadini deve sapere fare luce anche dentro se stesso”.
“Apprezzate – ha detto il magistrato ai ragazzi – il coraggio dello Stato di indagare dentro se stesso, guardate a questo come a un momento di forza e non debolezza dello Stato e delle forze dell’ordine”.
Di Matteo ha preferito non commentare la notizia sugli effetti della circolare del Csm che vieta ai magistrati che non fanno parte della Dda di condurre inchieste antimafia.
“A volte sono stato tentato di fare domanda di trasferimento – ha proseguito Di Matteo – nella speranza di riuscire ad avere una libertà maggiore e potere girare liberamente con la mia famiglia. Ma non ho mai pensato di mollare; questa è la città dove il bene e il male si sono scontrati al livello più alto, Palermo è stata la capitale della mafia ma anche il luogo dove c’è stata la reazione più forte”.
“Quando l’attentato a Falcone all’Addaura fallì – ha detto Di Matteo – negli ambienti dei professionisti si diceva che Falcone si era messo la bomba da solo. Ancora oggi c’è lo stesso atteggiamento di tendere a colpevolizzare la vittima. La mafia uccide anche dopo, infamando chi viene ucciso anche dopo la sua morte”.