Cavalcavano tra i boschi e si muovevano tra i dirupi ed i declivi, con una destrezza assimilata in simbiosi con quella natura. Erano chiamati briganti. In quest’epoca forse gli avremmo chiamati banditi.
Era il 1600, tra le colline della Basilicata, si muoveva una truppa di criminali, che viveva controllando un territorio grande quanto una provincia.
Facevano valere la loro legge, contro quella inesistente del vicereame di Napoli.
Chiunque voleva procedere per quei luoghi doveva trattare. Per i carichi consistenti e le persone, si trattava una sorta di pedaggio, affinché non succedesse nulla nel tragitto. I commercianti ed i viandanti, invece, dovevano riempirsi le tasche di denaro, perché in caso di brutti incontri, era meglio lusingare con bottino già pronto, i vigilantes.
Una sera, il vice del capo della banda, scese in un paese della valle. Era quasi buio e si diresse verso una taverna. E fece in modo di circumnavigare la tenuta dei Baroni Dimaro, nobili ben attrezzati di fucili e di servi implacabili.
Arrivato nel locale il silenzio fu tombale. Sciarra Nicola, detto Vincotto,, era conosciuto come un tagliatore di gole. Il suo grado nella banda se l’era preso solo per la totale assenza di scrupoli. Era il più cattivo.
Nella taverna pensarono che era venuto ad uccidere uno di loro. E a mente recitavano il rosario. Uno così non si muove per bere un bicchiere di vino.
“Sapete giocare a dadi?…..Forza…..chi ha un paio di dadi?……tirateli fuori…..ho ho voglia di giocare!” E stampò sulla sua faccia un ghigno.
Il locandiere tirò fuori i dadi e fece cenno ad alcuni di avvicinarsi al tavolo. Era meglio.
Tre di loro si sedettero e Vincotto iniziò a dimenare i dadi sul tavolo.
“Allora…quanto vogliamo puntare?”
I tre si guardarono in faccia. Non conoscevano le cifre di un brigante e non sapevano cosa rispondere.
“Sono qui perché sto cercando Perillo. Gli devo dire due cose. Da vivo, ma posso parlargli anche da morto.”
Perrillo era il medico del paese, o quello che poteva considerarsi tale. Un uomo forte, fiero, generoso, impavido, bello, gentile, figlio di una famiglia di notai. Aveva studiato a Napoli, ma era tornato tra la sua gente, a loro disposizione anche di notte.
Lui era capace di cavalcare per ore per raggiungere un ammalato e riusciva con destrezza a saltare i controlli dei criminali, con strade studiate con l’aiuto di pastori e contadini, che gli dovevano la vita.
Perillo era un potere ed era mal visto dalla banda, perché la sua parole era penetranti, la sua autorità riconosciuta e meritata sul campo. Valeva più il pensiero di Perillo, che quello del capo delle guardie.
E trovarlo non era semplice. Non aveva fissa dimora. Dormiva sovente nei casolari dell’ultimo paziente visitato.
Anche questa era una sua strategia.
Aveva imparato a vivere in quelle terre, il dottor Perillo. Ne’ con e guardie del vicereame, marce come una mela attaccata dai vermi e ne’ con i criminali, putridi quanto la carogna di un animale. Una terra difficile.
“Allora…questo medico….me lo trovate o no?”
Gli avventori non sapevano cosa rispondergli, i dadi erano sparsi sul tavolo, le mani del locandiere sudavano, la mano del brigante Vincotto erano sul coltello, la sala era densa di odori, un cane fuori abbaiava. Ormai era sera.
Dopo aver scansato con stizza il tavolo, il malfamato uscì e prima di salire a cavallo si trovò per terra.
Un colpo secco lo aveva colpito all’altezza della tibia. Fece per girarsi e vide Perillo. Voleva rialzarsi e venne colpito in faccia con un calcio violento. Ormai era mezzo stordito.
“Ho saputo che mi stavate cercando. Eccomi. Cosa volete?”
“Bastardo! Morirai!’
“Credo che le tue probabilità di morte, in questo momento, siano più alte delle mie. Fossi in te mi preoccuperei”
Sempre brillante Perillo, anche nei momenti difficili della sua vita. L’eccesso di sicurezza non gli mancava.
“A quanto ammonta la tua taglia dalle guardie?….Se ti consegnerei adesso potrei fare beneficenza per un anno. Mi converrebbe.”
Il brigante, considerando l’eventualità, iniziò ad avere paura. Gli aspettava la tortura.
“Senti scemo, potevo farti catturare più volte. So dove passi nel bosco, so dove vive la tua donna, ma ho preferito tenerti vivo…..Perché quelli che ti avrebbero ammazzato non sono meglio di te.”
Vincotto rimase perplesso, credeva che Perillo stesse dalla parte delle guardie.
“Tu e loro siete lo stesso schifo. Razziate i contadini, terrorizzate la gente per bene, ci odiate. Odiate questa terra.
Il brigante, con un piede sulla faccia, biascicò: “Ma tu ….con chi stai?”
“Io sto con questa gente, con questo territorio, con questi alberi, questa natura. Io sto con la vita.”
Nel 1600, nel Regno di Napoli, si era costituito un terzo e quarto potere. Il primo potere era il vicereame, ovvero lo pseudo-stato rappresentato dalla corona d’ Aragona; il secondo potere erano i baroni e l’aristocrazia, che faceva da contraltare; il terzo erano i briganti asserragliati negli Appennini; il quarto erano i tanti uomini di giustizia e probità che lottavano per un mondo migliore. Non erano organizzati, non avevano coscienza di appartenenza, ma si adoperavano affinché gli umili stessero meglio.
Quanti ne erano? Difficile dirlo.
“Io sto con la giustizia, mia caro Vincotto. E di’ al tuo capo che con intelletto ed astuzia la rivolta che sto organizzando la porterò a compimento. E anche se riuscirete ad ammazzarmi, non ucciderete le mie idee. Ormai questo piccolo territorio ha la sua forza e sa dove vuole arrivare. Ha una meta.”
Perillo sapeva che il brigante non aveva capito nulla e lo lasciò al suo destino.