Dopo una settimana indimenticabile vissuta intensamente con una persona meravigliosa, sono rientrato in Italia.
La cosa più triste per me non è stata (soltanto) riscontrare la grave e profonda arretratezza sociale e culturale di quest’Italietta le cui miserie non sorprendono più, ma (anche e soprattutto) ascoltare da giovanissimi e brillanti “cervelli in fuga”, persa la speranza di poter rientrare, la loro intenzione di richiedere la nazionalità dei Paesi nei quali sono stati accolti.
Nei loro sguardi e nelle loro parole non trionfa la rabbia contro l’Italia, ma la gratitudine per aver avuto dalla loro “nuova nazione” le possibilità di esprimere i propri talenti.
L’opportunità di manifestare pienamente se stessi riempiendo di senso il proprio diritto alla vita.
E il dubbio atroce, alla fine, che forse anche per me il futuro (prossimo e non solo) è altrove.