Pompeo Colajanni, siciliano, detto ‘Barbatò’, liberatore di Torino. Vincenzo Modica, siciliano, detto ‘Petralià’, ex ufficiale di Cavalleria a Pinerolo, che ferito portò la bandiera nella manifestazione di addio agli Alleati il 6 maggio 1945. L’elenco può continuare ed è pure lungo. Furono 7mila, giovani e forti meridionali a combattere per la lotta di liberazione piemontese. Partirono da Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Gettando i semi della Patria che sarebbe stata, dell’unità nazionale battendosi per i fratelli del Nord, per liberare il Piemonte dai tedeschi. La Resistenza militare, quella condotta dai componenti delle Forze Armate, poté contare sulla massa critica, fortemente aggregata, dei partigiani meridionali, impegnati nella guerriglia in montagna e in collina, nel sabotaggio, nella lotta armata nelle città.
A focalizzare l’attenzione e la rilettura revisionista sulla liberazione del Piemonte, sfatando un luogo comune sul lassismo del Sud anche nella Resistenza, sarà domenica prossima, 16 giugno, al Teatro Carignano, un incontro con il presidenti delle regioni meridionali. Porteranno il contributo delle rispettive realtà alla Resistenza, ospiti del presidente del Consiglio regionale del Piemonte Valerio Cattaneo e del vicepresidente Roberto Placido (che presiede il Comitato Resistenza e Costituzione). L’apertura è affidata al sindaco di Torino, Piero Fassino, la chiusura alla vicepresidente del Senato Valeria Fedeli.
Mancano due anni al 70° anniversario della lotta di liberazione. Una ricerca finanziata dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte ha messo a fuoco, con dovizia di particolari, il contributo del Sud alla lotta in Piemonte.
“I meridionali che furono partigiani in Piemonte – sottolinea l’autore della ricerca Claudio Devalle, presidente dell’Istituto Storico della Resistenza del Piemonte – , sono “in parte militari sbandati che scelgono la via della montagna quando dopo l’8 settembre 1945 si sfascia la IV Armata, in parte persone arrivate a Torino per lavorare, che entrano nella lotta clandestina restando in città”. Sommandoli tutti compongono 7 divisioni partigiane delle circa 50 che operarono nella Regione.
“Questa verità storica – afferma Roberto Placido, presidente del Comitato della Regione Piemonte per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana – grazie ad un’attenta analisi delle fonti, ci restituisce una versione più completa e fedele alla realtà. Dal Risorgimento alla seconda guerra mondiale si è intrecciato un fil-rouge tra il nord e il sud. Un legame di uomini e di donne che si sono impegnati per un ideale di patria, di libertà e in nome dell’unità nazionale”.
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