Ogni individuo della dorsale appenninica meridionale ha avuto il suo albero e vive una confidenza particolare con essi.
Da bambini vi abbiamo costruito le nostre capanne. Magari bucando con orrendi chiodi le loro membra, per fissare una tavola, una corda, un appoggio. E poi carezzandoli con le nostre mani per chiedere ospitalità dopo qualche ora di pioggia primaverile.
Ogni albero del Sud non ha mai negato ristoro agli amori adolescenziali, riparando con un ghirigoro di foglie rigogliose un sentimento montante.
Che sia l’albero di un bosco o quello della terra del nonno, tutti ci siamo affezionati ad un albero, ma non abbiamo insegnato ai nostri figli il suo valore. Forse perché non amavamo gli alberi, ma l’albero. Il nostro albero.
Quando partecipavamo alla “Festa della primavera” , organizzata dalla scuola, essa ci pareva avulsa dagli alberi. E quando si piantava simbolicamente un albero, esso non somigliava al nostro, provocando un vento d’indifferenza.
In tanta natura, non abbiamo imparato ad amare essa ma le cose di essa. Tra cui il nostro albero, il nostro fiore, il nostro ruscello, la nostra erba. Noi al Sud amiamo le nostre cose, come se ci appartenesse tutto ciò che ci piace.
Il nostro concetto di possesso è intriso di gelosia e sofferenza. Siamo stati abituati per secoli a essere derubati da tutti i popoli che ci hanno invaso. Forse per questo ci accontentiamo di poco, ma che sia nostro.
Abbiamo costruito i nostri giardini ben recintanti per non far accedere nessuno.
Non avevamo paura dei ladruncoli, ma che venisse toccata la nostra intimità familiare. E abbiamo portato il nostro albero in casa.
Non era la stessa cosa. Noi l’albero l’abbiamo cercato per la strada della vita, ai nostri figli abbiamo portato un albero e glielo abbiamo proposto. Negandogli il piacere della scoperta.
E quell’albero poteva rappresentare qualunque cosa, perché metafora di tutto.
Quando guardiamo i nostri figli, quindi, non lamentiamoci se li vediamo impreparati a troppe risposte. Con il nostro egoismo travestito da benessere, abbiamo rubato loro il fascino della ricerca.