Qual è la città più grande, nel senso degli abitanti, tra Foggia, Lecce, Rimini, Pescara, Pisa e Ancona?
Faccio spesso questo giochino con gli amici, e sono ben pochi quelli che ci azzeccano e rispondono con esattezza.
La città più popolosa è Foggia. Ma ben pochi lo sanno, o più precisamente, ben pochi ne sono consapevoli. Anche la grandezza, così come la bellezza, non è qualcosa del tutto oggettiva. Uno deve percepirla per poterla interiorizzare.
C’è comunque una bellezza oggettiva, quantificabile che mi sembra sia del tutto assente nel dibattito su Foggia bella o brutta avviato da Davide Leccese e raccolto da Lettere Meridiane.
Una città non sta soltanto dentro ai suoi confini. È anche altro da sè. È anche relazione.
La dimensione rimossa nel dibattito sulla bellezza di Foggia è appunto la sua relazione con il resto del territorio.
Nessuno ha ragionato della bellezza di Foggia dal punto di vista del suo essere capoluogo di una provincia (e qui non c’è dibattito che tenga, sarei disposto a sfidare a duello chi dice il contrario) che possiede una bellezza assoluta, che è tra le più belle d’Italia e d’Europa.
Così come i numeri che riguardano la popolosità (a proposito: Foggia 153.143; Rimini 146.856; Pescara 121.325; Ancona 101.742; Lecce 93.554; Pisa 88.627), anche la bellezza della provincia di Foggia (alias Capitanata, alias Daunia, ma a furia di evocare i toponimi alternativi mettiamo sullo sfondo che è prima di tutto provincia di Foggia) può essere certificata da una serie di dati: seconda provincia d’Italia per estensione territoriale; tre subregioni (Gargano, Tavoliere e Monti Dauni) che ne fanno una naturale provincia regione; un territorio vario e cangiante che si articola tra la pianura peninsulare più grande d’Italia, il promontorio del Gargano nel cui perimetro ricade il Parco Nazionale del Gargano, una delle aree protette più grandi d’Italia e i Monti Dauni laboratorio del progetto nazionale di Eccellenza Turistica. E se ancora non basta, eccovi le 6 bandiere arancioni (su 10 pugliesi); 5 Borghi più belli d’Italia (su 10 pugliesi complessivi); un bene Patrimonio dell’Umanità (su 3 pugliesi); quattro laghi o lagune; sola provincia adriatica nel cui territorio ricadano isole. Per non parlare dell’immenso patrimonio artistico e culturale, che può contare su reperti unici al mondo come le Stele Daunie e i Marmi Policromi di Ascoli Satriano, e uno straordinario patrimonio di cultura immateriale.
Tutto questo bendiddio è a portata di mano dei foggiani. A meno di un’ora può essere ammirato, toccato, vissuto. Grazie ad un altro aspetto della bellezza della città che viene spesso sottovalutato, quando non dimenticato: Foggia si trova in una posizione geografica di assoluta centralità, che ne fanno una cerniera naturale tra la Puglia, il Mezzogiorno e il resto d’Italia e d’Europa.
Se avete letto fin qui (e se l’avete fatto, ve ne sono grato) vi sarete accorti che ragionare attorno alla bellezza è tutt’altro che un esercizio accademico. È una questione politica nevralgica.
La rimozione della categoria della relazione dalla percezione della bellezza sta provocando danni nefasti: Foggia non riesce ad essere fino in fondo capoluogo della sua provincia (perché non riesce a sentirsi tale, a viversi come tale), e la crisi del capoluogo sta trascinando nel vortice anche il resto della provincia. Sta forse in questo il nocciolo della bruttezza di Foggia.
Dal tunnel si può sperare di uscire vivendo con maggior consapevolezza e serenità questa bellezza rimossa, sentendola come nostra, conquistandola come motore del nostro futuro.
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