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Fino a 115 anni si può: cosa fare per vivere a lungo?

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Grazie ai progressi della medicina possiamo contare oggi su una vita lunga e soprattutto sana, con un impressionante numero di ultracentenari, concentrati in Paesi come Giappone e Italia. Ma a tutto c’è un limite. Anche alla longevità umana che, secondo gli scienziati della Tilburg University (Olanda), si fermerà a 115 anni. John Einmahl e il suo team hanno infatti studiato un database di oltre 75 mila persone e sono convinti di essere giunti a calcolare il record definitivo: più precisamente, 115 anni e 7 mesi per le donne e 114 anni e un mese per gli uomini.

“In media, le persone vivono più a lungo rispetto al passato, ma i più anziani della popolazione non sono ‘cresciuti’ negli ultimi 30 anni”, ha dichiarato Einmahl, che con il suo lavoro ha confermato i risultati raggiunti nei mesi scorsi da un altro team di studiosi. Dati che però sono stati accolti freddamente dalla comunità scientifica mondiale: sono apparsi addirittura cinque lavori di critica sulla prestigiosa rivista ‘Nature’, la stessa che ha pubblicato gli studi in questione.

“Si tratta della peggiore ricerca che abbia mai letto su questo giornale”, ha detto Jim Vaupel, del Max Planck Institute for Demographic Research in Germania. “Penso sia un oltraggio che una rivista così rispettata pubblichi una ‘parodia’ tale. Le evidenze sono tutte a favore di una durata illimitata della vita umana, o comunque assicurano che se ci dovesse essere un ‘paletto’, sarà stabilito sicuramente oltre i 120 anni di età”.

Altro che Highlander. “Non pensiamo di diventare immortali. Possiamo puntare al massimo a 115 anni, ma soprattutto arrivarci senza disabilità e per farlo dobbiamo costruire le premesse fin dall’asilo, senza sgarrare mai dopo i 50 anni”. Nella diatriba fra gli scienziati sulla longevità umana, riaperta da uno studio della Tilburg University (Olanda), il presidente di Italia Longeva Roberto Bernabei non ha dubbi: “E’ stravero che ci si fermerà a 115 anni. Oggi nel mondo possiamo stimare mezzo milione di centenari, di cui quasi 100 mila in Giappone e 20 mila in Italia, ma solo alcune centinaia superano i 110 anni. Se fossimo capaci di prolungare la vita oltre i 120 anni, come pure sostiene un grandissimo studioso come Jim Vaupel (del Max Planck Institute for Demographic Research), sarebbero migliaia”, dice all’AdnKronos Salute.

“La macchina uomo, insomma, è destinata a fermarsi intorno ai 115 anni per usura. E’ vero che la donna dei record, Jeanne Louise Calment, in Francia visse 122 anni, ma è un’eccezione. Vediamo sempre più persone arrivare a 100 anni, ma non pensiamo per questo di poter diventare immortali. Piuttosto – continua il geriatra – siccome siamo destinati a vivere sempre più a lungo, è importante arrivare a queste età estreme in salute e autonomi”. Il monito arriva dai dati. “Oggi il 30% dei centenari è autosufficiente, questo vuol dire che 7 su 10 non lo sono”.

Come fare a difendersi dalla disabilità? “Occorre architettare e disegnare per sé una vita che ci consenta di spegnere le 100 candeline in autonomia. E’ possibile, ce lo dicono gli esempi degli abitanti delle ‘blue zones'”, le aree con alta concentrazione di centenari: l’Ogliastra in Sardegna, l’isola di Ikaria in Grecia, Okinawa in Giappone, la penisola di Nicoya in Costa Rica e il villaggio di Loma Linda nella California meridionale. “Proprio queste testimonianze ci dicono che l’obiettivo è possibile, a patto di iniziare fin da piccoli e soprattutto – aggiunge Bernabei – di non sgarrare un millimetro dopo i 50 anni”.

Cosa fare, allora, per vivere a lungo in salute senza bere dalla fonte dell’eterna giovinezza? “La ricetta l’hanno messa in pratica gli abitanti delle blue zones – ribadisce Bernabei – Non conosco un obeso novantenne”. E pur tenendo conto di eccezioni come Keith Richards e Mick Jagger, ma anche Winston Churchill, il geriatra mette al bando sostanze stupefacenti e fumo fra le strategie per arrivare a superare i 100 anni: “Niente superalcolici, fumo e droghe – elenca – L’alimentazione deve essere ricca di frutta, verdura e cereali, come appunto nelle blue zones. Vino con moderazione, ovvero un bicchiere al giorno. E check-up intelligenti, ovvero mirati e che tengano conto della storia e delle patologie familiari”.

“Infine, ma importantissimo: occorre fare attività fisica moderata. Che non vuol dire – precisa il geriatra, direttore del Centro di medicina per l’invecchiamento dell’Università Cattolica – limitarsi a far due passi e guardare le vetrine. Occorre almeno una camminata veloce, in salita, sudando, ripetuta con regolarità”. Dopodiché i servizi sanitari e le istituzioni devono tener conto di questo piccolo esercito di centenari, destinato ad aumentare secondo le stime. Bernabei lo dice da tempo: “Siamo uno dei Paesi più longevi, ma le strutture sanitarie del nostro Paese sono in affanno nell’organizzare e gestire un’assistenza adeguata sia per accompagnare gli anziani in buona salute, sia per prendere in carico quelli gravati da comorbidità. Insomma, è arrivato il momento di ripensare il sistema sanitario nazionale”.

Bernabei pensa a un modello assistenziale unico, che però tenga conto dei diversi bisogni a livello territoriale. E soprattutto assicuri un punto unico di accesso dove segnalare casi problematici. Una sorta di pronto soccorso della non autosufficienza, dove redigere un piano di intervento personalizzato. Insomma, “oggi ci arrovelliamo per arrivare a 100 e più anni, ma il problema vero è come arrivarci. E soprattutto – conclude -come gestire al meglio questi centenari”.

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Published by
Roberto Bonin