Ieri sera, su Rai1 e Sky, sono andati in onda due prodotti televisivi che hanno avuto come sfondo il fenomeno dell’organizzazione criminale: da un lato cosa nostra (Felicia Impastato), dall’altro la camorra (la seconda serie di Gomorra).
Il pubblico ha risposto benissimo in entrambi i casi: 1.186.000 persone hanno visto la prima puntata della serie bassata sul libro di Roberto Saviano e diretta da Stefano Sollima; 6.871.000 hanno seguito la fiction dedicata alla madre di Peppino Impastato, diretta da Gianfranco Albano e con Lunetta Savino nel ruolo della protagonista.
Al di là del successo conseguito dai produttori, soprattutto di stampo economico, è evidente come le storie che riguardano la criminalità organizzata attraggano su di sé molti telespettatori: sempre così è stato e sempre così sarà.
Infatti, oltre ai citati Gomorra 2 e Felicia Impastato, il 23 maggio (giorno del ricordo della strage di Capaci), su Raiuno, sarà la volta di Boris Giuliano, un poliziotto a Palermo, diretto da Ricky Tognazzi e, nello stesso giorno, al cinema, sarà proiettato Era d’estate, incentrato sulle figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Ma, come ha scritto il 9 maggio scorso su LiveSicilia.it, il giornalista Roberto Puglisi, c’è un dubbio che non può non sopravvenire: “può essere che la fiction d’antimafia di carta e cinepresa abbia offerto un velo comodo all’antimafiosa scenografia di troppi che, protetti dalla retorica, hanno carpito la buonafede di tutti gli altri?”
“Forse, qualcuno – scrive ancora Puglisi – ha fatto carriera perché la gente, guardando i Cento passi, si convinceva che gli autoproclamatisi antimafiosi doc fossero tutti dei Peppino Impastato in sedicesimo pronti alla morte in nome della legalità e che ogni magistrato titolare di inchieste delicatissime fosse, a sua volta, una fotocopia di Giovanni e Paolo”.
“Così – continua Puglisi – tra fantasticheria e realtà si è smarrito il sale della differenza, la capacità critica di distinguere, l’occhio distaccato di chi pesa circostanze e persone: l’antimafia in carne, ossa, fatti e misfatti, è diventata anch’essa una fiction, col suo immancabile protagonista, col suo volto da attore, disponibile al trionfo, col suo canovaccio pieno di buchi, scambiato per stoffa candida e intonsa”.
Infine, il consiglio: “Ecco perché il 23 maggio e il 19 luglio prossimi – chissà – sarebbe utile spegnere la tv e non andare al cinema. E sarebbe proficuo riempire quel tempo vuoto leggendo un libro di Sciascia a sorteggio, o rileggendo le cronache contemporanee, assai più dolorose e sincere del rimasticato show sui miti di sempre”.