Strade, piazze, vedute del castello Monforte da cui si evince il bastione d’appoggio del ponte levatoio, un muro di contenimento e un torrione dei quali ignoravo l’esistenza, tutto perduto forse per fare posto all’acquedotto e a una cava, poi i frutti e le nature morte piene e rotonde, in direzione ostinata e contraria a quel futurismo spigoloso, rivoluzionario ma borghese che prima pretese e poi diventò legge, ordine e guerra; quindi facce e corpi di povera gente, interni angusti ma luminosi, la sensazione del freddo di queste parti e la vecchia: la vecchia col fazzoletto bianco in testa e un mantello scuro, inchinata fino a terra con le mani giunte davanti al braciere. La vecchia che in quadro prega, in un altro si scalda, o viceversa, non importa: celebra con riti la tristezza della sua condizione.
Gli uomini paiono anonimi, tranne quel soldato che racconta la guerra a contadini e pastori, le donne hanno invece tratti fermi e personalità. Anche quelle nude, anche quelle sacre dipinte nei quindici pannelli di Cristo. Persino le donne davanti a San Giorgio che uccide il drago sono più potenti del sacro lanciere.
Tutta la ricchezza che ti lascia dentro una mostra bella e completa, ben divisa, ben allestita e ben illuminata, dove per scelta hanno tolto le didascalie per far rimettere in moto il nostro stream of consciousness. Marcello Scarano, Collecta Gratia, in Fondazione Molise Cultura.
Di ieri anche la notizia della statalizzazione e della biblioteca Albino, con nuova missione di rifondazione e rinnovata vocazione storica. Leggo inoltre cartelloni completi e d’eccezione per il teatro e la musica. Nonostante il grande lavoro che resta da fare, credo che siano belle giornate per la cultura molisana. Bravi tutti, veramente.
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