Non serve pagare il biglietto di un delfinario per osservare i delfini da vicino. Si può andare a cercarli in mare, vederli saltare e giocare nel loro ambiente naturale, insieme a chi li conosce bene, li studia e tenta di proteggerli dalle mille insidie dell’uomo. Nello Ionio Settentrionale, a poche miglia dagli scempi ambientali della Taranto dell’Ilva, c’è un ambiente marino incredibilmente pieno di vita, che i ricercatori considerano a pieno titolo un santuario dei cetacei, anche se non ancora legalmente riconosciuto.
La Jonian Dolphin Conservation opera in quel tratto di mare e da un anno consente a tutti di diventare ricercatori per un giorno, salendo sul catamarano Taras che quotidianamente salpa dal porto di Taranto o di Policoro in Basilicata per far visita ai delfini. L’associazione, nata nel 2009, è un esempio di iniziativa di successo creata da giovani laureati del Sud, in grado di finanziarsi grazie al contributo dei partecipanti alle escursioni, adulti e bambini, che anno dopo anno sono sempre di più.
Una volta imbarcati si ha praticamente la certezza di incontrare i delfini: la percentuale di avvistamento è prossima al 100%. Grazie a un software si seguono rotte prestabilite per aumentare le possibilità di avvistamento: muniti di cannocchiali, ricercatori e ospiti, possono salire sulla torretta a 6 metri di altezza per individuare le pinne da lontano. Una volta raggiunto il branco inizia lo spettacolo: nel silenzio del mare aperto si può vederli affiorare e respirare attraverso lo sfiatatoio, compiere acrobazie in totale libertà o giocare attorno al catamarano. Si possono poi ascoltare i loro versi, dopo aver immerso l’idrofono o interagire con i ricercatori che scendono in mare per le riprese subacquee. Tutti i dati vengono analizzati per monitorare la loro attività e inseriti sul portale interattivo della Duke University che raccoglie a livello mondiale i dati sugli avvistamenti dei cetacei.
L’associazione chiede ora di tutelare questo tratto di mare, che interessa tre regioni (Puglia, Basilicata e Calabria). “Il Golfo di Taranto è già sottoposto a molte pressioni – racconta il presidente Carmelo Fanizza -. Ha una grande biodiversità, eppure è una delle aree più sfruttate. Ci sono l’Ilva e tutto il polo industriale di Taranto, l’area delle esercitazioni della marina militare. Ora si aggiungono anche 16 richieste di trivellazioni in mare per la ricerca degli idrocarburi. Andare ad incrementare l’impatto dell’uomo sul Golfo sarebbe da folli. Il mare è il nostro petrolio“.