Martedì mattina ho partecipato alla cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria del Comune di Calimera a don Luigi Ciotti, fondatore di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
In questa giornata Calimera, la città di Antonio Montinaro, capo della scorta di Falcone vittima della strage di Capaci, ha saputo rappresentare un’intera regione con la sua scelta. Calimera esprime la gioia, la soddisfazione e l’orgoglio di scegliere don Ciotti come persona vicina e parte della sua comunità. Per molti di noi pugliesi è una guida.
Ci sono tanti tipi di cittadinanze onorarie. Questa corrisponde proprio a quello che sentiamo nel cuore e ha ragioni molto profonde.
La vita ci insegna che anche le cose più terribili e insopportabili portano dei frutti straordinari. Antonio Montinaro ha portato don Luigi a Calimera e lui qui ha portato l’antimafia sociale. Questo paese si era smarrito, non riusciva ad avere una politica criminale non repressiva per contrastare questi fenomeni. E lo stesso accade nel resto di Italia, le ricette sfuggono dalle mani e troppo spesso i nostri ragazzi sono costretti a guardare gli adulti nel loro smarrimento.
Don Luigi ci ha dato una politica criminale antimafia, e i nostri avversari lo hanno capito qual è la potenza del suo messaggio. La mafia ogni volta che un politico si comporta male si rafforza.
Don Ciotti ha capito che gli uomini soli sono più deboli e ha organizzato l’antimafia sociale nelle scuole, negli enti locali, nelle città, nelle campagne. La mafia riesce a cogliere il successo quando si insinua nelle pieghe della società, non lavora alla luce del sole, ma opera con le cose sporche e misere Se oggi abbiamo le idee chiare su ciò che dobbiamo fare è grazie soprattutto a don Ciotti. Adesso si tratta di proseguire senza stancarsi, migliorando lo schema ogni giorno contro mafie e corruzione. La mafia si combatte anche dimostrando che la legalità vale di più. Una lezione che oggi trova ragione in un riconoscimento collettivo, pietra miliare della storia della nostra terra. Il gesto della cittadinanza onoraria appartiene a Calimera, alla Puglia e all’Italia.
Avete sottolineato l’importanza di una strategia attraverso questo atto politico, che condivido, e che rappresenta l’elemento fondamentale di ciò che faremo in futuro nella nostra comunità regionale.
Di grande intensità l’intervento di Don Luigi Ciotti. Queste le parole che ha pronunciato di fronte a un’aula consiliare gremita:
“Cari concittadini per me è una grande emozione condividere le vostre speranze. Il mio pensiero va a una donna che non c’è più e che ho conosciuto, Carmela, la mamma di Antonio Montinaro, nei suoi gesti ho conosciuto la dignità e la forza di questa terra, pur nel profondo dolore che portava dentro di sé per aver perso un figlio. Saluto tutta la famiglia Montinaro, in particolare Tilde, che ha voluto con forza, anche tra mille difficoltà, fare in modo che suo fratello Antonio continuasse a vivere. E Tina, sua moglie, un’altra grande donna che improvvisamente si è trovata con due bambini da crescere, ma sempre con grande dignità, coraggio e con quella capacità di testimoniare i valori profondi dell’amore condiviso con Antonio. È per me una grande gioia che sia proprio il loro figlio Giovanni a consegnarmi la cittadinanza onoraria di questa città. Saluto tutti i familiari delle vittime della violenza criminale e mafiosa. Sono molto dispiaciuto che in Senato al momento della discussione sulla giornata del 21 marzo sulla memoria e l’impegno sia stata tolta la parola “innocenti”, qualcuno me lo deve spiegare. Ho sentito quel dibattito e sono molto preoccupato di quanti giocano sulle parole, perché per noi resterà sempre la Giornata della memoria e dell’impegno delle vittime “innocenti” della mafia. Questo è molto importante, perché c’è anche la mafia delle parole.
Ho condiviso negli anni la meraviglia di una donna impegnata in politica, un assessore che lottava a Porto Selvaggio contro chi voleva il cemento: Renata Fonte. Sono cittadino onorario anche di Casarano, che è stata una delle prime città dove Libera è venuta a vivere il 21 marzo. Lì abbiamo raccontato i volti diversi della criminalità che attraversavano il nostro paese, ma anche riconosciuto il segno della bellezza di questa terra. Si va in quei luoghi soprattutto per far emergere le cose belle.
La grande svolta della Giornata della memoria avvenne proprio a Bari nel 2008, dove centomila persone camminarono insieme e si unirono in un abbraccio forte e sincero con i familiari delle vittime. Per me è importante saldare la terra con il Cielo, i miei due principali riferimenti sono il Vangelo e la Costituzione italiana. C’è molta politica nel Vangelo quando denuncia soprusi, violenze e ipocrisia. Sento il dovere nella continuità della denuncia seria contro le mafie, la corruzione e le varie forme di illegalità, lo sento come dovere cui non si può venir meno. Basta andare a prendere le parole in apertura dell’anno giudiziario del presidente della Corte dei conti che ha spiegato come crisi economica e corruzione procedano di pari passo, in un circolo vizioso nel quale uno è l’effetto dell’altro. Dobbiamo liberare il Paese dalla corruzione come un imperativo etico ed economico, perché non permette di superare il problema della povertà nella cui soglia c’è il 28 per cento della popolazione italiana. Due milioni 800mila ragazzi non studiano e non lavorano: per noi non sono numeri, sono volti di persone.
Cogliamo le cose positive che ci sono ma manteniamo la lucidità di prendere coscienza di questi dati, di questa i volti, di queste storie. I più grandi parassiti sono la corruzione e la mafia, ci rubano il futuro, distruggono la vita, la dignità, l’impresa sana. Dobbiamo liberare il nostro paese da tutto questo”.
Don Ciotti ha ricordato il suo legame con Don Tonino Bello e di quando diceva “delle parole dette mi chiederà conto la storia, ma del silenzio mancato per difendere i più deboli dovrò dar conto a Dio”. “Qualcuno – ha ribadito – sostiene che io sia di parte. Ebbene si, lo sono, ma di quella parte che dovrebbe accomunarci tutti, della ricerca della verità e della giustizia. Non scoraggiamoci dei giudizi e delle semplificazioni.
La povertà che più mi inquieta e quella delle relazioni perché ci si scopre sempre più soli, a tutte le età. La solitudine dilata la sofferenza, l’isolamento, la paura, e va oltre la povertà materiale. Poi c’è la povertà culturale. La conoscenza è la via maestra del cambiamento, la scuola ha un ruolo di grande importanza. Con grande umiltà segnalo che il vero problema oggi è la consapevolezza che il nord, più del sud, sia diventato lo snodo dei giochi criminali mafiosi. A nord si sta decidendo il ruolo che le mafie si ritagliano.
C’è un’Italia che deve riflettere, nessuna realtà può dichiararsi esente. La forza delle mafie sta fuori dalla mafia, in alleanze e rapporti opachi.
L’inclusione sociale è fondamentale per il benessere delle persone, da lì nasce la sicurezza. Una politica che non genera speranza è senza speranze. L’inclusione è alla base della democrazia. Solo se si ha accesso a quei diritti si può avere l’opportunità di sviluppare le proprie capacità.
Etica e ecologia devono saldarsi alla dimensione dell’economia: ha ragione Papa Francesco che ha sottolineato nell’enciclica “Laudato si” il grido della terra e dei poveri.
Facciamo in modo che la legalità non diventi un idolo. Ci hanno rubato questa parola della sostanza e dei contenuti, molti hanno scelto quella malleabile e sostenibile.
Saldiamo la parola legalità alla responsabilità, che viene prima. Legalità è lo strumento per raggiungere l’obiettivo che si chiama giustizia, a cominciare dalla giustizia sociale. La legalità è la saldatura tra la responsabilità di ciascuno che è l’io e la giustizia che è il noi”.
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