Ricordate il disegno di legge sul caporalato approvata al Senato? Anche la Camera l’ha votato. Adesso è finalmente legge! Un altro buon risultato di questa travagliata legislatura.
Fino ad ora sul caporalato si sono sprecati fiumi di parole, inchieste, denunce … . Quante volte abbiamo visto scorrere sotto i nostri occhi immagini sconcertanti di sfruttamento e di riduzione in stato di schiavitù di uomini, donne e spesso anche di bambini. Insomma, ci troviamo di fronte a persone costrette a lavorare in condizioni disumane, in aree ben precise del nostro Paese. Al Sud, certo, ma pure al Nord non si scherza. Purtroppo dalla stessa Europa stavolta non arrivano segnali incoraggianti. Il fenomeno, infatti, si espande in diversi Paesi dell’Unione ed in molti settori dell’economia, dall’agricoltura all’edilizia alla manifattura.
I dati parlano chiaro. Secondo un’indagine realizzata dalla FlaiCgil sono 80 gli epicentri dello schiavismo in Italia. Si tratta di 400 mila persone che lavorano per 10/12 ore al giorno, in cambio di una paga che non supera i 30 euro al giorno.
La nuova legge con delle scelte coraggiose ed alcune mirate innovazioni scorre lungo tre direttrici:
1) definire e punire con rigore il reato di caporalato, con la chiara previsione di quelle condotte illegali che finalmente possono colpire realmente i caporali e le stesse aziende che volutamente lo utilizzano;
2) incentivare il ricorso alla denuncia e alla separazione dell’interesse dell’azienda da quello del caporale, in modo da spezzare i circuiti della comune omertà e convenienza a coprirsi;
3) promuovere una concreta e efficace prevenzione, come pure incentivare la regolarizzazione del mercato del lavoro delle aziende in un rapporto virtuoso tra legalità e sviluppo.
In Italia piace affermare “fatta la legge trovato l’inganno”. Spesso è così, non c’è dubbio, ma guai a rassegnarsi e a rinunciare ad agire e a battersi per il cambiamento. Naturalmente è necessario impegnarsi anche sul piano culturale: le aziende oneste che investono in capacità produttiva ci sono e possono avere successo, fare buona occupazione e avere fatturati e utili. Abbiamo molti esempi virtuosi negli stessi territori meridionali che ci dimostrano che si può stare sui corretti binari della crescita e della competizione, anche globale.
Sul piano economico bisogna liberare il lavoro e le imprese da un carico fiscale opprimente. Già dei segnali interessanti il governo e il Parlamento sono stati capaci di darli. In tale direzione si continua anche con la nuova legge finanziaria, oggi chiamata “di stabilità”, che sarà esaminata in Parlamento tra pochi giorni.
Sul piano europeo bisogna rompere gli indugi e varare una comune legislazione fiscale e stessi standard di diritti, per evitare furberie e disomogeneità tra un Paese e l’altro che rendono quasi impossibile una condivisa lotta al caporalato e una vera libera concorrenza.
La strada contro il caporalato, finalmente, in Italia è sgombra da tutti quei macigni che rendevano vani tutti i vari tentativi di contrasto e di superamento del fenomeno dello sfruttamento degli esseri umani nei campi e nei cantieri. Adesso la legge c’è, lavoriamo e vigiliamo perché sia applicata al meglio.
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