“Dieci storie proprio così” racconta di vittime della criminalità organizzata, narra di storie di forte impegno civile e di riscatto sociale. Questo spettacolo teatrale racconta il coraggio che hanno avuto molti ragazzi di dire no alle mafie, la tenacia dei parenti delle vittime e di tutti coloro che fanno della libertà, quella vera, la loro ragione di vita, per scegliere e non farsi scegliere. I protagonisti sono coloro che hanno vissuto una vita onesta, non incline a intrallazzi e scambi di favori; sono coloro che hanno creduto fortemente nell’importante valore della legalità come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Don Giuseppe Diana, Giancarlo Siani, Peppino Impastato, Annalisa Durante, Federico Del Prete e Silvia Ruotolo. “Dieci storie proprie così” ha iniziato il suo percorso nel 2011 fino ad oggi espandendosi a tematiche come Mafia Capitale e legami tra ’ndrangheta calabrese, Lombardia e traffici internazionali.
Diversi gli attori in scena, tra cui anche il bravissimo Alessio Vassallo che ha risposto gentilmente ad alcune domande.
Sei in scena con “Dieci storie proprio così”. Posso chiederti perché hai detto sì a questo progetto?
Nel 1992 avevo nove anni e ricordo benissimo quella primavera-estate! Scoprire a 9 anni che la tua terra non è fatta solo di mare, sole e buon cibo ma prevalentemente di sangue versato non è una notizia che conforterebbe un bambino. Con il passare del tempo e soprattutto grazie al mio lavoro, ho avuto la fortuna di entrare in contatto con molti familiari di vittime di mafia e ciò che mi ha sempre colpito è la loro capacità di trasformare un dolore terribile in una occasione per la società civile. Ringrazio Giulia Minoli per avermi riportato sul palcoscenico e per avermi fatto scoprire che il teatro può e deve essere uno strumento potentissimo per l’educazione alla legalità. Con “Dieci storie proprio così” non ho detto sì soltanto a uno spettacolo ma a un progetto che prevede dei laboratori nelle scuole nelle carceri minorili, uno spettacolo senza sipario. Siamo sempre pronti in teatro a confrontarci con il pubblico, a raccontare il nostro viaggio e ad ascoltare le loro domande. Penso sia una occasione unica per un attore.
Com’è nata l’idea di portare in scena questo spettacolo?
“Dieci storie proprio così” prende vita da un’idea di Giulia Minoli; è stato scritto da lei ed Emanuela Giordano, che ne cura anche la regia. Inizia il suo percorso nella stagione del 2011 al Teatro di San Carlo di Napoli. Lo spettacolo si è arricchito di nuovi interventi musicali e narrativi, grazie a testimonianze raccolte, elaborate e messe in scena nella città in cui lo spettacolo viene rappresentato. Sono storie raccontate dai parenti delle vittime, dai volontari e da chi senza paura si attiva per creare alternative al degrado che produce la criminalità organizzata. Sono le storie di un’Italia spesso ai margini della cronaca e lontano dai riflettori ma che per fortuna esiste e continua a lottare. Dal 2017, in occasione dei 25 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, viene presentata una nuova versione drammaturgica con un ulteriore approfondimento su Mafia Capitale e sui legami tra ‘Ndrangheta calabrese e la Lombardia. Ogni sera ho il piacere di poter iniziare il nostro racconto: “Abbiamo iniziato questo viaggio nel 2011 a Napoli. Volevamo raccontare l’Italia offesa dalla criminalità organizzata, collusa e infiltrata nell’amministrazione pubblica, ambiziosa di potere e di controllo. Un’Italia assediata dalla mala cultura del sopruso a tutti i livelli della vita sociale. Ma viaggiando abbiamo scoperto un mondo di resistenza”..
Dieci storie di dolore, dieci storie di riscatto che proprio dal dolore sono nate e cresciute. Ci racconti?
Il numero dieci è un numero molto simbolico perché le storie che noi raccontiamo sono molte di più. La prima versione dello spettacolo era più concentrata sulla memoria e sul riscatto; mettevamo in scena le storie di Peppino Impastato, Libero Grassi, Graziella Campagna, cercando di dar luce spesso a molte vicende magari meno note e rimaste insabbiate. Abbiamo portato in scena una versione molto differente dalla prima. Il tema della memoria e del ricordo è sempre presente nello spettacolo anche se il motore trainante è diventato l’attualità. Da Mafia Capitale alla ‘Ndrangheta a Milano dove giovani imprenditori vessati dal pizzo hanno avuto il coraggio di dire di no appoggiandosi a dei ragazzi straordinari come quelli di Addio Pizzo. Facciamo una riflessione su cosa oggi può essere un consumo critico, su cosa ognuno di noi può fare quotidianamente per ritagliarsi il proprio pezzettino di libertà.
Il tuo personaggio?
Non metto una maschera e interpreto un solo personaggio, ma dò voce a più storie: un ragazzo nato in un quartiere malavitoso che grazie al teatro si è salvato e grazie al teatro oggi ha coltivato una passione e un lavoro. Vesto i panni di un imprenditore che vessato dal pizzo ha avuto la forza di dire no e denunciare. Racconto anche cosa significa esser colluso, ricoprire molteplici ruoli esser utile a tutti e dannoso, mortale per la società. Oltre a momenti singoli, faccio parte di un coro di voci che racconta la corruzione romana le infiltrazioni ndranghetiste a Milano.
Racconti la tragedia e la speranza in “Dieci storie proprio così”. Cosa rappresentano per te la tragedia e la speranza?
Una delle storie che più mi ha colpito da attore e spettatore è quella di Ester Castano, giornalista di soli 21 anni che si occupa di cronaca locale, soprattutto di infiltrazioni mafiose al Nord. Il suo impegno, la sua tenacia nel denunciare la collusione con l’ndrangheta del comune di Sedriano, primo comune lombardo sciolto per mafia, il cui sindaco le ha fatto la guerra con intimidazioni e querele, le hanno portato tantissimi riconoscimenti, ma è rimasta disoccupata per ben due anni. Una giovane ragazza che stacca gli occhi dal suo smartphone e si rende conto che la realtà in cui vive è una realtà malata. Risultato? Il vuoto attorno. Ma il suo coraggio e la sua determinazione sono stati ricompensati. Adesso Ester lavora nella redazione di Torino dell’agenzia di stampa Lapresse. Il contratto di lavoro le permetterà di completare il praticantato e di sostenere gli esami per l’iscrizione all’Albo dei giornalisti professionisti. Spesso il silenzio e il dolore l’indifferenza sono ribaltati da una voglia di riscatto e di giustizia che permette di trasformare un dolore privato in un “bene” di tutti.
Lo spettacolo intreccia i nomi di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, don Giuseppe Diana, Giancarlo Siani, Annalisa Durante, Federico Del Prete, Silvia Ruotolo e quei giovani impegnati nelle associazioni, nel volontariato, nelle iniziative mirate a creare alternative vere alla criminalità organizzata. Cos’è per te la criminalità organizzata? Per combatterla, cosa si potrebbe e dovrebbe fare?
E’ un cancro sociale che divora e distrugge giorno per giorno i nostri diritti e la nostra libertà, libertà di scegliere, libertà di coltivare le nostre passioni i nostri sogni, libertà di raccogliere tutto quello che con fatica abbiam seminato, libertà di avere delle città funzionanti e funzionali per ogni cittadino. E’ un cancro. Ma oggi nel 2017 questo cancro si può e si deve combattere giorno per giorno. Magari anche cambiando le nostre piccole abitudini. Un esempio? Evitare di prendere il caffè in quei bar pieni di sale slot perché spesso quei soldi sono soldi sporchi, iniziare a rispettare ciò che si trova fuori casa nostra, avere il coraggio di denunciare. Il teatro è uno strumento potentissimo per l’educazione alla legalità: stare insieme, parlarne e riflettere tutti insieme, partendo dalle scuole.
Cosa ti auguri arrivi a coloro che verranno a teatro?
Più che un augurio ho avuto la fortuna di toccare con mano quanto sia importante il lavoro che facciamo. Dopo lo spettacolo spesso accendiamo le luci in sala, ci sediamo sul palco e iniziamo un vero e proprio dibattito con il pubblico. Tutti insieme come una grande piazza. Oggi il concetto di agorà, di stare insieme si va sbiadendo giorno per giorno. Pensiamo di esser sempre connessi con il mondo ma alla fine siamo sempre più soli, davanti a uno schermo. Il teatro ti dà la possibilità di guardare il tuo vicino negli occhi di ascoltarlo, di percepirlo. Nei nostri dibattiti post-spettacolo vengono fuori tematiche interessantissime.
I tuoi prossimi progetti?
Il 2017 son ben felice dopo tanto tempo di dedicarlo al teatro. Ho iniziato le prove de “L’Eneide” prodotto dal teatro Argentina di Roma per la regia di Emanulea Giordano, poi le riprese della terza stagione de “Il giovane Montalbano” e un altro progetto televisivo al quale sono legatissimo ancora top secret. Per il cinema invece ho finito di girare da poco “Il giorno più bello” prodotto da Rai Cinema, primo film sulle nozze gay in Italia con la regia Vito Palmieri.