Un museo in vendita, e non un museo qualunque. Nell’esempio più spettacolare di disastro post-industriale in America, Detroit pensa di vendere il suo Institute of Arts. Picasso, Matisse, Brueghel e vasi greci. Una misura veramente drastica per la ex capitale dell’auto che affonda sotto un debito da 15 miliardi di dollari.
Come riporta il Detroit Free Press, il manager dell’emergenza Kevyn Orr, lo stesso che ha assistito Chrysler nel Chapter 11, ha preso in considerazione la possibilità di offrire sul mercato la collezione multi-mimiliardaria: un asset che potrebbe salvare la città dal fallimento. Orr è stato nominato in marzo dal governatore Rick Snyder per risanare le finanze della città e il suo portavoce Bill Nowling ha ammesso che alcuni creditori hanno già chiesto al commissario se la collezione del Dia sia “tra i beni sul tavolo”. Vendere le opere d’arte per sanare il debito cittadino è mostruosamente complicato oltre che controverso, ma Nowling ha osservato che la collezione del museo deve essere considerata, sia pure con rammarico, uno dei potenziali beni da usare per colmare il disavanzo: “Non abbiamo interesse a vendere arte. Ma quadri e statue sono proprietà della città e abbiamo la responsabilità di esser sicuri che sappiamo qual é il suo valore”.
Su richiesta del Detroit Free Press, esperti d’arte a New York e nella stessa Detroit hanno passato in rassegna una serie di 38 capolavori dando loro una valutazione di mercato da almeno 2,5 miliardi di dollari. Tra questi ci sono quadri di Pieter Bruegel il Vecchio (“Il Ballo di Nozze”), “La finestra” di Henri Matisse, un autoritratto di Vincent Van Gogh ciascuno stimato tra 100 e 150 milioni. E poi Picasso, Max Ernst, Mirò, un Calder, e il Pensatore di Auguste Rodin esposto fuori dal monumentale portone. Anfore greche, un cavaliere etrusco, la collezione di armature di William Randolph Hearst allineate nelle gallerie di ingresso completano un panorama che fa del Detroit Institute of Art il secondo museo municipale in America.
La notizia ha provocato shock tra gli addetti ai lavori: “Dovesse succedere ci sarebbero urla di protesta come non le avete mai sentite”, ha dichiarato Ford Bell, presidente della American Alliance of Museums di Washington: “Il museo dovrebbe un punto di forza della rinascita di Detroit, non una mucca da mungere per ricavarne fondi”. La sola possibilità di liquidare le opere d’arte del Dia ha provocato reazioni negative in città. Il museo ha assunto lo stesso studio legale di New York specializzato in bancarotta che ha assistito General Motors, mentre il mecenate A. Alfred Taubman ha commentato che “sarebbe un delitto” vendere anche un solo quadro della collezione per soddisfare i creditori perché il Detroit Institute of Art “non è soltanto un asset per Detroit, lo è per tutto il Paese”.