“In Siria volevamo portare la democrazia ma, in realtà e con la corresponsabilità dei governi occidentali, abbiamo lasciato in eredità la dittatura. Inizialmente, la comunità internazionale nutriva grandi speranze su Bashar al-Assad, per un suo tratto progressista, ma il presidente della Siria si è poi rivelato debole in quanto incapace di favorire un dialogo interculturale e sociale con le minoranze, verso le quali, anzi, non c’è stata alcuna tolleranza”.
Il presidente della Fondazione “Italianieuropei” ed ex Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, a Bari per il primo appuntamento del nuovo ciclo di incontri «Da Sud a Sud» promossi dal Corriere del Mezzogiorno e della Fondazione Corriere della Sera, durante il suo intervento non ha solo descritto la complessità e fragilità dell’attuale sistema geo-politico internazionale, ma anche ha provato a disegnare la via per raggiungere la pace in quei territori, patrimonio dell’umanità per essere stati tra gli incubatori storici della nostra civiltà, oggi dilaniati dalla prepotenza e dalla violenza dell’Isis. “La Siria – ha evidenziato ancora D’Alema – oggi è crocevia di interessi geo-strategici; è terra di conflitti prodotti e partecipati da diverse potenze straniere e, perciò, fino a quando ogni fazione farà la propria guerra non ci sarà una risoluzione definitiva. Pur non essendo facile, confido, però, che Stati Uniti e Russia da un lato e Arabia Saudita ed Iran dall’altro, con il sostegno e la collaborazione di tutta la comunità internazionale, avviino un dialogo che possa agevolmente schiacciare l’Isis e portare alla formazione di un governo di riconciliazione nazionale diverso dall’attuale che possa favorire, inoltre, la nascita di un nuovo sistema sociale fondato sulla convivenza e sulla tolleranza”.
Se così non fosse, infatti, è forse l’implicita consegna dell’ex ministro degli Esteri, l’Isis accrescerebbe ancora la sua egemonia militare e geografica. E finanche culturale se, come ha sostenuto l’archeologo Daniele Morandi Bonacossi nella sua relazione, la puntuale e sistematica devastazione dell’immenso patrimonio archeologico in città simbolo come Palmira non è ispirata da motivi religiosi, ma appunto dalla ragione pratica di allargare il proprio consenso. Favorendo, indirettamente, il trafugamento verso l’Occidente di una inestimabile platea di manufatti e reperti storici. Se, del resto, come ha illustrato il professore di “Filologia Araba” dell’Ateneo di Bari Carlo Alberto Anzuini, approfondissimo la Storia del Medio Oriente, scopriremmo attraverso la lettura del Corano che non si esorta ad uccidere per motivi religiosi chi ha altre fedi, ma, anzi, che esiste una grande apertura verso le cosiddette minoranze.
“Ed oggi – ha testimoniato il medico Tamar Youssef dell’Università di Damasco che ben conosce il nostro Paese – alcuni dei governanti occidentali che, propagandisticamente, etichettano come fondamentalisti o terroristi alcune componenti del popolo siriano, sono gli stessi che sostengono la vendita di armi e fanno affari con coloro che hanno distrutto il mio Paese, una volta meraviglioso. Oggi, duole dirlo, la Siria non esiste più. È stata distrutta dalle potenze straniere che, nel nome della democrazia, hanno portato solo disastri e miseria. Bisognerebbe, pertanto, cancellare l’embargo vigente ed essendo, noi siriani e voi italiani, fratelli bagnati dallo stesso Mediterraneo agire insieme perché la Siria non sia più terra di conquista per nessuno e che sia restituita al suo popolo. La pace non resti un’utopia”.
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