Se è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, quelli dei lavoratori dell’ex Legatoria D’Ancona, storica azienda di Cepagatti, vicino Pescara, non riescono a nascondere nulla. Nei primi giorni di ottobre rivelavano sconforto e paura ma, alcuni giorni fa, nel corso di una conferenza stampa a loro dedicata, brillavano di orgoglio e motivazione.
Riflettendo in pieno il passaggio, in appena due mesi, da cassaintegrati a imprenditori. Dalla chiusura dell’azienda, con l’ingresso in Cigs per cessazione, alla nascita della Nuova Legatoria, nella forma di una Srl artigiana, con avvio delle attività produttive a gennaio. Dal dramma di aver perso il lavoro a cui avevano dedicato venti o trent’anni di vita, alla convinzione di aver trovato una rapidissima soluzione scommettendo sulle proprie capacità.
La loro è una storia che va raccontata, per diversi motivi. Non solo perché a lieto fine o perché efficace testimonianza di un Sud che non vuole arrendersi alla estenuante crisi di questi anni ma, anzi, è capace di contrastarla con ostinazione e fermezza. C’è un altro motivo: va raccontata anche perché testimonia, con grande evidenza, che è indispensabile riportare in primo piano, in tutto il Paese, le politiche attive per il lavoro. Che anni di politiche passive, di proroghe su proroghe degli ammortizzatori sociali, magari in deroga, senza coinvolgere i lavoratori in attività di orientamento, formazione e ricollocazione non hanno affatto migliorato la situazione occupazionale.
I lavoratori sono tutti lì, senza lavoro e aggrappati alle indennità – che arrivano spesso con ritardi clamorosi – e progressivamente demotivati. In più, molto spesso, cadono nella trappola del lavoro nero per la necessità di arrotondare. In altri termini: nessun vantaggio vero ai lavoratori, un costo rilevantissimo per la collettività.
Per ottenere risultati concreti bisogna invece approfittare, nel periodo di sospensione dal lavoro, per finanziare e attuare percorsi di aggiornamento professionale totalmente aderenti alle necessità del mercato e in linea con le potenzialità del lavoratore. Che vanno indagate, con attenzione e approccio personalizzato, da specialisti di orientamento ed esperti di incrocio tra domanda e offerta di lavoro.
Chi ha aiutato i 10 lavoratori della legatoria? Il troppo spesso vituperato servizio pubblico per l’impiego, che li ha presi in carico uno per uno. Ha ricostruito le loro competenze e capacità attraverso colloqui individuali di orientamento, ha fornito consulenza del lavoro e sulla creazione d’impresa. Li ha aiutati nelle trattative per l’acquisto dei macchinari e per la locazione dell’immobile industriale, insieme a sindacati e Confindustria. Ha illustrato a tutti i lavoratori rischi e opportunità, scoraggiandoli quanto si doveva per far emergere il reale grado di motivazione di ognuno. Ha semplificando le innumerevoli procedure e i diversi passaggi burocratici.
“La Provincia di Pescara ha avuto con noi un atteggiamento non routinario – dice Carmine Del Mastro, presidente del consiglio di amministrazione della Nuova Legatoria – offrendoci supporto e consulenza fin dal primo istante. Ci hanno orientato e incoraggiato a metterci in proprio, facendo crescere in noi, giorno dopo giorno, la motivazione e la voglia di farcela. Ebbene, ci siamo riusciti: da gennaio ripartiamo”. Carmine ha 9 soci: Massimo Fringuelli, Paolo Giammarino, Davide Centorame, Camillo Ricci, Fabrizio D’Alessandro, Annarita D’Ancona, Marco Sbaraglia, Domenico Orsini, Francesco Silvaggio.
Tutti convinti, al punto che hanno offerto in garanzia il 50% del TFR. A nome di tutti Carmine ci tiene a dire che loro non volevano “essere di peso alla società, allo Stato. Potevamo cullarci con la cassa integrazione e poi la mobilità ma non accettavamo di disperdere le competenze maturate in tanti anni di lavoro”. Lui è uno che ha imparato il mestiere di legatore fin dal collegio, gli altri conoscono i macchinari di una legatoria come le loro tasche: “per riconoscere un cattivo funzionamento, ci basta una sfumatura nel rumore”.
L’approccio one to one, che caratterizza il progetto Linfa della Provincia di Pescara e che ha aiutato i lavoratori della Legatoria, è l’unica strada possibile per attuare efficaci politiche del lavoro. E va replicato per gli under 29 della Garanzia Giovani. Ma il governo italiano ha la necessità di decidere che fare del sistema dei servizi per l’impiego. E deve farlo rapidamente: c’è una forte domanda sociale che attende una risposta.
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