Giuseppe Colangelo, giornalista free-lance e critico cinematografico (“Guida didattica al grande cinema“, “Il lavoro in un secolo di film” e “Io…Marylin. La vita, il cinema, il glamour” i titoli di alcuni suoi libri) torna al romanzo. Dopo “La freccia di mezzanotte” (2011), ha ambientato anche “Creta Rossa” a Stigliano, paese della provincia di Matera, al quale è legato pur avendo vissuto parte della sua giovinezza in Argentina dove i genitori erano emigrati.
Il libro racconta il ritorno al paese natale di Francesco Tancredi, maresciallo dei carabinieri in pensione per il funerale del fratello, un tipo solitario trovato morto nel bosco. Una morte strana e per certi aspetti misteriosa: suicidio, omicidio o morte accidentale? A questa morte è legata anche quella di una ragazza, Carmelina, suicidatasi pochi giorni prima del fratello del protagonista (ma è stato veramente un suicidio?) e poi quella di Maddalena (Mataléna) Cannone, madre di Carmelina.
Creta Rossa non è però un romanzo giallo e tantomeno un noir e il vecchio maresciallo dei carabinieri non si improvviserà detective. Al paese della sua giovinezza riallaccerà rapporti con amici invecchiati come lui con i quali aveva condiviso l’infanzia e l’adolescenza, prima di arruolarsi nei carabinieri e andare a vivere al Nord, a Bergamo, dove ha messo su famiglia.
Il romanzo ha molte chiavi di lettura: viaggio nella memoria anche ricerca antropologica con la descrizione dettagliata dei piatti tipici del paese, della natura forte dei luoghi, delle tradizioni, della vita di tutti giorni della gente e delle superstizioni contadine, come quella dei gemelli che fanno guarire mucche, pecore e cristiani accarezzando loro la pancia. C’è inoltre un altro elemento di valore narrativo, già presente nel romanzo La Freccia di Mezzanotte: l’utilizzo del dialetto. Nell’era della globalizzazione non si tratta di recuperare il dialetto per marcare una certa identità e una cultura localistica tanto cara, per esempio, alla Lega Nord. L’operazione di Giuseppe Colangelo è di tipo culturale, antropologico e poetico perché recupera alcuni modi di dire ed espressioni popolari che rendono molto di più rispetto alla lingua italiana. Il dialetto, a Stigliano, viene parlato dalle persone di tute le classi sociali e ciò vuol dire che è una lingua viva per cui è giusto che abbia la dignità che merita in un’opera letteraria.
Leggendo Creta Rossa non si può non pensare a “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi. Non solo perché, per esempio, è citato Grassano dove lo scrittore antifascista, condannato al confino, trascorse un lungo periodo ma anche perché la storia narrata, proprio come nel romanzo di Levi, racconta una ‘civiltà’ diversa e cioè quella dei contadini del Mezzogiorno, relegati fuori della storia ma custodi di una sapienza antichissima, di un senso della comunità, della solidarietà, del dolore e della morte. Critico cinematografico e autore di molti libri sul cinema, Colangelo ha costruito il romanzo come fosse la sceneggiatura per un film e in questi ultimi anni la Basilicata è spesso stata rappresentata in storie cinematografiche come, per esempio, “Basilicata coast to coast“.
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