Gabriele Salvatores, una firma e una garanzia di emozioni. E’ probabilmente il più coraggioso tra i suoi colleghi, sicuramente l’unico che ha avuto il coraggio di confrontarsi nei generi cinematografici più diversi. Premio Oscar come miglior film straniero con “Mediterraneo”, ha raccontato con maestria e delicatezza la protesta sociale del “Sud” per arrivare a un genere che in Italia non era mai stato affrontato, ovvero quello fantascientifico, prima con “Nirvana” fino a “Il ragazzo invisibile” con l’arrivo dei supereroi nel nostro cinema. In queste settimane in tutte le sale cinematografiche italiane viene proiettato il sequel del fortunato film del 2014: “Il ragazzo invisibile – seconda generazione”. Per Michele non è facile tornare alla vita normale dopo aver scoperto di avere doti “speciali”, ma, ormai sedicenne, vive un’adolescenza turbolenta come molti dei suoi coetanei, per il suo passato e per la fitte rete di relazioni che lo vedono parte integrante. La straordinaria bravura di Salvatores porta ogni spettatore a vivere gli anni adolescenziali, in cui ogni giovane è chiamato a diventare grande, in un universo in cui il cambiamento non è mai indolore.
Dal 4 gennaio in tutte le sale cinematografiche italiane uscirà “Il ragazzo invisibile – seconda generazione”. Perché farne una seconda parte?
Era doveroso nei confronti del pubblico, visto anche il finale aperto che avevamo lasciato. “Il ragazzo invisibile” ha anche vinto l’Elfa, cioè l’Oscar Europeo come miglior film per ragazzi, votato da un pubblico di venticinque città diverse. Il genere fantascientifico non l’abbiamo inventato noi, in quanto la mitologia greca o romana ha dato vita ai primi supereroi. Sono gli Stati Uniti che hanno usufruito delle idee del passato. Il mio supereroe ha un potere quasi dell’anima, intimo, ovvero quello dell’invisibilità. Da adolescenti ci si sente sempre un po’ invisibili. La parola “adolescente” deriva da “Adolescum”, riconoscere il proprio odore, imparare a conoscere se stessi e il proprio ruolo nel mondo.
Quali sono le novità rispetto al primo?
Nel primo capitolo, c’era la scoperta di essere invisibile, ovvero del superpotere. Tutti noi, penso, abbiamo provato l’esigenza di sentirci invisibili o perché nessuno ci notava o perché volevamo esserlo e non volevamo farci vedere dagli altri. A me è capitato tante volte per esempio durante le feste in cui le ragazze che mi piacevano non mi degnavano neanche di uno sguardo. Nel secondo film la cosa si è fatta molto più complessa: cerco di raccontare come usare questo superpotere. Emergerà una grande differenza e un vero e proprio scontro tra quelli che vengono chiamati Speciali e i cosiddetti normali. Ci sono quasi 700 interventi digitali. Abbiamo usato una tecnologia che permette di ricreare in 3D i personaggi, gli oggetti e la scenografia: nel film alcuni attori saranno veri, mentre altri saranno una copia digitale. Ben presto queste tecniche cambieranno il modo di fare cinema, senza perdere l’umanità delle persone.
Qual è il suo rapporto con il cinema, in particolare con la fantascienza ?
Beh posso dirle che ho sempre amato molto i racconti e i fumetti di fantascienza. Antonio Gramsci ha sempre sostenuto che per capire la realtà che ci circonda non bastasse la ragione e lui non era propriamente un sognatore, ma uno molto uomo concreto. E’ bello avere la possibilità di raccontare l’invisibilità con il cinema. Il grande schermo ha l’enorme capacità di far pensare che le semplici ombre proiettate sul muro siano delle forme vere e siano esse stesse la realtà. Il critico Jacques Derrida diceva che il grande potere del cinema è quello di rievocare fantasmi, cioè tirare fuori da noi stessi qualcosa che abbiamo dentro che non sapevamo di avere e che, passando all’improvviso in una sala buia, vediamo proiettato sullo schermo.
Il suo film parla dell’invisibilità in un mondo, quello che stiamo vivendo che è l’esatto opposto. L’apparire conta più dell’essenza?
No, è molto più importante essere se stessi. Il potere dell’invisibilità è tipicamente adolescenziale ma non solo; i giovani fanno fatica a trovare il proprio posto nella società e i più vengono dimenticati e nemmeno considerati. Questi sono i motivi principali per cui i futuri uomini sono costretti a diventare invisibili nella speranza così di riuscire a sopravvivere. Oggi come oggi, la costante connessione ci fa credere di essere costantemente interattivi e in contatto gli uni con gli altri, è invece solo l’illusione di essere protagonisti di una vita che di fatto non si vive appieno.
Essere invisibile è un vantaggio o uno svantaggio?
Dipende dai momenti! Quando essere invisibili diventa una costrizione per essere accettati dalla società, questa condizione diventa uno svantaggio. Molto spesso non vogliamo vedere quello che di fatto è davanti agli occhi; penso per esempio alla povertà nel mondo e al grande tasso di disoccupazione presente nel nostro Paese. In altri casi, essere invisibili può essere un vantaggio perché può permetterci di evitare situazioni imbarazzanti. Il protagonista del sequel dovrà fare scelte molto importanti, stabilire anche quale sia il confine tra il bene e il male, tra il giusto e l’ingiusto.
Chi è Gabriele Salvatores quando cala il sipario?
Non è per niente semplice rispondere a questa domanda. Durante la lavorazione di un film, sono circondato da moltissime persone e cerco di organizzare il loro lavoro al meglio ma nella vita di tutti i giorni sono meno bravo. Il cinema mi fa vivere in un mondo di sogni in cui posso governare le azioni mie e degli altri. Quotidianamente non è così; ecco che uscire dalla fabbrica dei sogni qual è il cinema è molto difficile perché porta a un distacco fortissimo dalla normale esistenza.