Tanto lavoro, tanta tensione, tanto stress. Ma anche tante storie a lieto fine che ripagano dei sacrifici fatti. In queste settimane abbiamo letto e ascoltato un mare di racconti “dal fronte”. Di medici e infermieri in trincea, di turni straordinari senza fine.
Oggi non leggerete tutto questo, non leggerete l’ennesima storia né vedrete i consueti scatti del viso di un’infermiera segnato dal lavoro e dai dispositivi di protezione tenuti su per ore.
Anna Rita Caggiano, 28 anni da compiere ad agosto, fa parte di quell’esercito di ragazzi che per inseguire il proprio sogno hanno lasciato la terra natìa. È partita tempo fa da Lacedonia – paese dell’estrema parte orientale della provincia di Avellino, quasi al confine con la Puglia -, dove vivono i suoi genitori. Prima tappa Roma, per studiare e formarsi: laurea in Infermieristica e Master in Coordinamento infermieristico presso La Sapienza. Poi, dall’ottobre del 2017, Milano, dove invece ha ritrovato sua sorella e suo fratello.
Da due anni, Anna Rita lavora come infermiera nel reparto di Malattie infettive dell’Azienda FBF-Sacco di Milano, sin dall’inizio struttura centrale nel contrasto alla violenta pandemia da Covid-19. Si è tuffata nel mare magnum dell’emergenza con enorme senso del lavoro e della disciplina, che abbiamo (finalmente) tutti capito essere una caratteristica peculiare della categoria. “È un’esperienza molto forte, sia dal punto di vista lavorativo che dal punto di vista umano”, ci dice. “Tensioni, stress, carico di lavoro: tutti elementi che con il passare dei giorni sono aumentati. Ma quanto coraggio e quanta forza ci danno le storie a lieto fine dei nostri pazienti!”.
Proprio il lato interiore è quello da scavare. All’interno del personale medico c’è grande orgoglio, grande consapevolezza e grande senso di appartenenza, certamente. Ma ci sono anche tanti, tantissimi pensieri che vagano nella testa di ciascuno di loro. “Penso molto a quello che vivo nel corso della giornata: ogni paziente con la sua storia, con la sua sofferenza. E non parlo solo di sofferenza fisica, anzi”, ci spiega Anna Rita, che rivela: “Credo di aver immediatamente realizzato la portata del virus, un po’ perché vedevamo i casi in continuo aumento, un po’ per i numeri che arrivavano da Wuhan”.
Tuttavia, è evidente che la grande, generale sollevazione in favore di medici e infermieri in trincea non può lasciare indifferenti. “Non me l’aspettavo, devo essere sincera. Questo affetto, questo sostegno, gli applausi di tutta Italia: è davvero gratificante, e mi sento di ringraziare tutti”. Un lavoro, però, che da sempre va avanti così. In questo periodo è solo maggiormente sotto i riflettori mediatici. “Difatti non mi sbilancio – afferma Anna Rita –, perché ho notato tanta riconoscenza verso il nostro ruolo solo nell’ultimo mese. In realtà, il personale sanitario si trova quotidianamente ad affrontare situazioni di rischio. Sono in pochi a comprendere davvero quanto sia intenso questo lavoro”. Un lavoro totalizzante, anche fuori dai turni, che, specie in queste settimane, non lascia neanche il tempo per pensare al dopo. “E’ una prova molto dura, che ci sta portando a una grande crescita professionale. Non ho ancora pensato al dopo, non è questo il momento di tirare le somme”, aggiunge Anna Rita.
Eppure, a tutte queste lodi e a queste dimostrazioni di vicinanza e gratitudine si contrappone il comportamento di alcuni (sempre troppi) che continuano a violare le disposizioni, mostrando così totale mancanza di considerazione e rispetto verso chi lotta in corsia. “Alla base di tutto – afferma ancora Anna Rita – c’è tanta disinformazione, per cui ritengo sia necessario informarsi adeguatamente e riflettere. Contrarre il Covid-19 potrebbe non provocare nulla a noi stessi, ma risultare fatale per i nostri cari. Capire questo passaggio essenziale sarebbe già un balzo in avanti”.
Insomma, non è questo il momento degli hobby. “Tutti abbiamo bisogno dei nostri momenti di svago”, chiosa Anna Rita. “Ma ora la priorità è ben altra”.
Lascia un commento