Raggiunto l’accordo a Roma tra il governo, le parti sociali e Almaviva: stop ai quasi 3000 licenziamenti, le cui lettere sarebbero dovute partire il 5 giugno prossimo.
O – come si vedrà più avanti nel post – almeno per ora.
Dopo 17 ore di trattativa, infatti, il viceministro allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, su Twitter ha scritto:
Scongiurati, quindi, i 2.988 licenziamenti, di cui 1.670 a Palermo, 918 a Roma e 400 a Napoli.
L’accordo, però, prevede qualcosa che non sta andando giù a molti lavoratori di Almaviva: la copertura di 18 mesi con gli ammortizzatori sociali, i primi 6 retti dai contratti di solidarietà e i restanti 12 con la cassa integrazione straordinaria in continuità.
In pratica, i lavoratori temono che si tratti di un’intesa che non offre stabilità ma che rimanda a un anno e mezzo il problema, per di più con una cassa integrazione al 50% nei primi sei mesi e all’80% nei restanti dodici.
Su Facebook, sul gruppo ‘Almaviva Italia’, infatti, si leggono molti commenti delusi e contrari.
Scrive, ad esempio, Anna: “Salvi? Siamo morti con questo accordo… non siamo capaci di ribellarci, sappiamo solo lagnarci ma all’atto pratico come tanti caproni caliamo le corna”. E Romina non è da meno: “Sicuramente sarò l’unica… ma a me sembra una gran presa per i fondelli! Un metterci la museruola per un po’ ma alla fine fa quello che vuole e noi subiamo la sua volontà come sempre… cds per 6 mesi pagata al 50%…”.
L’accordo, invece, ha soddisfatto la politica, come nel caso del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando: “L’intesa raggiunta stamattina al Mise garantisce uno sbocco ad un vertenza che ipotecava il futuro di migliaia di famiglie palermitane. L’impegno e la responsabilità di tutte le parti, a partire dal governo nazionale rappresentato dal vice ministro Teresa Bellanova a cui va il nostro apprezzamento, ha garantito uno sbocco sostenibile alla vicenda, portando alla revoca dei licenziamenti e accompagnando le attività di Almaviva verso una prospettiva di futuro per le lavoratrici e i lavoratori palermitani. La scelta dell’azienda di mantenere operativa la seconda sede di via Marcellini, apre infatti una pagina di prospettiva del consolidamento dell’azienda sulla città. L’impegno dell’Amministrazione comunale che non è mai venuto meno in tutti questi mesi, proseguirà ora nei tavoli di monitoraggio mensile al Mise e in qualunque altra iniziativa di sostegno del rafforzamento di Almaviva Contact a Palermo”.
Contento anche il segretario regionale del PD in Sicilia, Fausto Raciti: “È stata una trattativa lunga e complessa ma alla fine si è riusciti a scongiurare una nuova ondata di tagli che avrebbe pesato enormemente sulla nostra isola e sulla sede di Palermo. Bisogna riconoscere il lavoro portato avanti con serietà e determinazione da tutte le parti che hanno partecipato al tavolo della trattativa: sindacati, rappresentanze del Ministero e della Regione e rappresentanze aziendali, tutti hanno fatto la loro parte nel raggiungimento da un accordo che prolunga le misure di solidarietà e prevede una serie di interventi da portare avanti nei prossimi mesi. Bisogna quindi lavorare da subito per creare le condizioni affinché, alla prossima scadenza, l’azienda e l’intero settore dei call center abbiano del tutto lasciato alle spalle questa fase di incertezza”.
Entusiasta, naturalmente, anche il premier Matteo Renzi:
L’accordo, comunque, prevede anche dell’altro, come l’impegno di Almaviva a non abbandonare la sede palermitana di via Marcellini e di “ridurre gradualmente il ricorso alle misure del sostegno al reddito attraverso l’incremento dei volumi di lavoro”.
Anche le Regioni, poi, dovranno impegnarsi a finanziare i programmi di formazione e riqualificazione dei lavori.
Dove sta la verità, quindi?
Come in tutte le cose, nel mezzo.
Ovvero, da un lato l’accordo è positivo, perché sblocca una situazione che si era messa davvero male, visto che le prime lettere di licenziamento sarebbero dovute partire tra qualche giorno; dall’altro è chiaro che bisogna utilizzare il prossimo anno e mezzo per trovare nuove soluzioni affinché non ci si ritrovi a dovere affrontare nuovamente l’emergenza lavorativa di migliaia di lavoratori e delle rispettive famiglie.