C’è un filo comune che attraversa 40 anni di storia e lega Bari al Cile di Allende. È un filo che contiene tante sfumature di colore e che, complice il caso, ha tenuto vicini in tutto questo tempo due Sud del mondo, incredibilmente lontani nella geografia ma assai vicini nell’arte.
Di questo legame “ritrovato” racconta da qualche giorno il muro di una scuola elementare, la Japigia-Verga del capoluogo pugliese. Un murale, che corre su buona parte del perimetro dell’edificio, raffigura tanti bambini, di diverse razze, che si tengono per mano. Il tratto è semplice, fumettistico, infantile. Sulle loro teste una scritta in corsivo: “I bambini nascono per essere felici”.
È il verso del poeta cubano Josè Martì, che stava tanto a cuore a Salvator Allende. L’opera l’ha dipinta Hector Carrasco, in arte Mono (che vuol dire scimmia in cileno, per la sua capacità di arrampicarsi dappertutto) artista cileno.
Mono faceva parte del noto collettivo la “Brigata Neruda”. A Bari è tornato a dipingere quello stesso muro su cui aveva disegnato 40 anni prima. Era fuggito dal golpe di Pinochet, aveva vent’anni, e si era rifugiato in Italia.
Insieme al suo gruppo aveva fatto tappa in Puglia, dove aveva realizzato alcune opere, fra cui quella della scuola di Bari. Il tempo l’ha sbiadita fino a cancellarla ma non nel ricordo di Gianni Princigalli, un giovane regista barese nella cui memoria di bambino il murale della scuola era rimasto ben impresso. Tra l’altro il maestro Carrasco Princigalli l’aveva conosciuto di persona, ospite della sua famiglia in una delle trasferte pugliesi.
Tempo c’è voluto ma alla fine l’ha rintracciato. E Carrasco ha potuto tornare in Puglia grazie al supporto del dirigente scolastico Patrizia Rossini, del Comune di Bari, e della Presidenza del Consiglio della Regione e di alcuni sponsor privati.
Una delle opere di Carrasco decorava anche la parete della mensa dell’Ilva che allora si chiamava Italsider, ha raccontato l’autore nelle giornate baresi che sono state un amarcord della sua giovinezza. Un’arte da sempre impegnata la sua, perché in Cile i murales erano, in quegli anni difficili di negazione di pensieri e libertà, come quotidiani stampati sulle pareti, l’unico modo che la gente aveva per propagandare le proprie idee e condividerle platealmente con tutti.
Due giorni di intenso lavoro quelli di Carrasco a Bari che hanno visto la collaborazione di alcuni alunni e di un operaio del Comune di Bari, che si è appassionato all’opera ed è rimasto anche lui a dipingere fino a sera.
La scuola di Japigia è tornata ad avere la sua parete esterna firmata da Mono, un’opera che inneggia all’amicizia senza barriere, alla solidarietà fra bambini, come anche al diritto di tutti loro alla felicità. E Bari torna agli onori della bella cronaca nel sostegno all’arte di strada.
Nei mesi scorsi la città aveva “aperto i muri’ a Sten & Lex, Ozmo e 108, SAM3 ed El Tono e Hell’O’Monsters, affermati street artist italiani, spagnoli e belgi. E che muri: dal Palazzo dell’Economia ad una costruzione dell’Acquedotto Pugliese in piazza Diaz, dalla Caserma Rossani ad un sottovia.
Un’iniziativa della galleria d’arte Doppelgaenger, nell’ambito di un più ampio evento artistico che si intitolava ‘Fresh Flaneurs’. Non pochi gli strascichi nel dibattito politico sull’opportunità o meno di quei murales, che ha visto anche l’intervento della Soprintendenza.
Tanto che poi l’amministrazione comunale, volendo fare una netta separazione fra vandali-imbrattatori e artisti di strada, ha istituito l’albo dei writer autorizzati a dipingere sui muri scelti dal Comune. Anche l’espressione artistica è un diritto di tutti. Soprattutto se si sposa alla civiltà.