Al Senato si sono celebrati i 25 anni della nascita della Direzione Investigativa Antimafia, meglio conosciuta come DIA. Si è fatto il punto sulle motivazioni che stanno alla base della sua nascita e sull’attività svolta in questo quarto di secolo. Fu pensata e voluta da Giovanni Falcone sul modello dell’FBI. Una Polizia specializzata esclusivamente nella lotta alle mafie per superare la logica della frammentazione, coordinare le forze migliori della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria, del Corpo Forestale e sfidare e colpire la capacità delle mafie di colludere con l’economia e le istituzioni nei territori e sugli scenari nazionali ed internazionali.
Un’intuizione geniale accompagnata dalla nascita, sempre 25 anni fa, della Procura Nazionale Antimafia, la DNA, e delle DDA nei territori, per seguire la stessa logica nel superare la frammentazione presente anche nella magistratura che in quel tempo si occupava delle indagini di mafia.
Al Senato sono state rilanciate le ragioni che portarono alla nascita della DIA e della DNA perché per combattere le mafie, ancora oggi che si sono radicalmente trasformate, bisogna avere più che mai:
1) un approccio sistemico ed integrato. Le mafie sanno legare abilmente diversi aspetti, quello sociale e culturale, quello politico e istituzionale, quello economico e finanziario, quello violento e militare. Le antimafie hanno lavorato molto e molti risultati si sono ottenuti, ma devono fare un salto di qualità proprio in tale direzione;
2) la capacità di colpire le mafie sia sul piano territoriale che su quello globale. Le mafie sanno agire su entrambi i livelli. Le antimafie sono diventate brave ed efficaci sull’azione di contrasto locale, mentre sono in ritardo sul più complesso e arduo livello internazionale. Anche queste dimensioni vanno tenute insieme e legate strategicamente.
La DIA deve supportare tutto lo Stato nel fare questo salto progettuale ed operativo. Certo, bisogna crederci, investirci, superare gelosie e paure. Mi è capitato più volte di difenderla da tentativi di ridimensionamento. Oggi, al Senato si è convenuto che bisogna valorizzare e rilanciare questa importante realtà della lotta alle mafie.
Questi primi 25 anni hanno dimostrato che l’intuizione era giusta e la sua utilità accertata. Arresti e soprattutto sequestri di patrimoni immensi, con indagini rischiose e difficili. Dai cantieri alle banche, dai latitanti al riciclaggio, dalle indagini sulle stragi a quelle sui rapporti tra Cosa nostra, la ‘Ndrangheta e i contesti europei ed americani. Ed ancora, vanno evidenziati i risultati raggiunti nella messa in sicurezza dell’Expo, come pure va sottolineato l’importanza del nuovo obiettivo che è stato dato alla DIA di proteggere dalle infiltrazioni mafiose la ricostruzione delle aree colpite dal recente e devastante terremoto.
L’idea di Falcone, tuttavia, è stata attuata solo a metà. I prossimi anni devono essere utilizzati per portare a pieno compimento il progetto DIA. Investire più risorse tecnologiche e professionali e garantire ai poliziotti, carabinieri, finanzieri, penitenziari, forestali che sono chiamati a far parte della DIA le stesse opportunità di crescita dei loro colleghi che rimangono a lottare le mafie nei loro rispettivi corpi.
Insomma, tanto si è fatto, ma tanto rimane da fare.
Buon compleanno agli uomini e alle donne della DIA.