Il rugby come anomalia ed eccezione rispetto al calcio, il rapporto tra la psicologia e lo sport, la cultura, il linguaggio, la scuola, la vita: di tutto questo e di molto altroparla il libro “Logica e Follia nello Sport” di Arturo Conte, uno dei più importanti intellettuali che ha avuto la nostra città.
La palla ovale, per Arturo Conte*, è il protagonista primo del rugby, “una danzatrice che i rugbisti dell’una e dell’altra squadra corteggiano” mentre nel calcio “la palla è una ballerina da spingere
nell’alcova della rete”.
Conte porta avanti la tesi di una profonda differenza tra i due sport “il rugby è divergente, mentre il calcio è convergente; nel rugby il campo si apre, la forma ellittica della palla stravolge il tondo, la meta oltrepassa i recinti e i due pali (H) rivolti al cielo sfondano le reti della porta e fanno della meta una vetta”.
Viene riportato l’episodio in cui un famoso giocatore di rugby qualificava selvaggia, irriverente, indocile, irridente la palla ovale dicendo “Ti rifà faccia”, cioè si rigira contro l’inseguitore come un gatto selvaggio, come “una indomita Amazzone che caccia la lingua sprezzante al petulante sazio”. La palla ovale, l’ellisse è fortemente contrapposta al tondo, alla sfera, al pallone da calcio “Il tondo è anche perfetto, cioè fatto fino al fondo, artificio estremo e modello di riferimento di una civiltà che mira al compimento e alla contentezza. La perfezione tuttavia comporta l’infezione, come la palude rafferma che racchiude malaria e corruzione”. Arturo Conte con questo libro fa parlare e parla del filosofo Friedrich Nietzsche, parla del Vangelo e del significato delle parole. In molti casi cita “Così parlò Zarathustra”:
“Disimparate questo, creatori; proprio la vostra virtù vuole che voi non facciate alcuna cosa. Tappatevi le orecchie a queste false parolette”. Da questa citazione Conte parte per andare all’origine della parol SPORT: “è parola inglese derivata dall’antico francese desport. Il senso primigenio s’illumina nell’immagine dell’ uscita dal porto”. Lo sport visto come libertà, come uscita dal porto, come distanza dal mercato “lo s-port travolge gli spazi chiusi e de-campa, essendo animato, nella sua interna dinamica e in ogni sua articolazione, dall’evasione nel fuori; trasfigura la mansa e sorniona oggettualità della sfera nell’ellisse inquieta ed irridente; spinge i combattenti fuori dalla mischia nell’oltre infinito della meta, che è extra, apertura e migrazione e implica slancio ed evasione”.
Il rugby, per Conte, è dunque anomalia ed eccezione e si interroga sulla latitanza della psicologia accademica davanti a questo sport “Nel fertile terreno della psicologia dello sport brilla per la sua assenza il rugby, che non è stato legittimato nel circo delle olimpiadi; di esso non si parla, se non con qualche intermittente accenno, quasi si trattasse di un orfano vagabondo e di un figlio
illegittimo,di cui è sconveniente anche solo pronunciare il nome”.
*Arturo Conte (1921-2009) professore emerito di Psicologia Generale e primario psicologo a L’Aquila.
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