L’esperienza ultra-ventennale nel “sistema giustizia”- in organismi requirenti e giudicanti – ha rafforzato il mio convincimento che l’Italia sia uno Stato “anomalo” con un rapporto particolarmente complicato con la verità.
Pertanto, occorre partire proprio da questa complicazione riguardante la ricerca della verità, per provare a rifondare il nostro Paese ancorandolo saldamente a criteri di legalità, di giustizia, di merito, di capacità, di solidarietà e soprattutto di onestà.
In questo tipo di ricerca il “sistema giustizia” riveste un ruolo fondamentale e determinante. L’esercizio della giurisdizione non è affatto trascendentale, al contrario, è una convenzione sociale che serve per regolamentare la civile convivenza e dunque non può continuare a chiamarsi fuori dal contesto storico in atto in funzione della mera applicazione di principi giuridici sempre più astratti, nei quali il cittadino fatica a riconoscersi.
La “questione giustizia” e la risoluzione dei problemi che la affliggono rappresentano problematiche fondamentali e inevitabili per ricostruire una Nazione e soprattutto per determinarne il suo ordinato evolversi. La giustizia in Italia è una malata terminale da qualsivoglia angolazione la si osservi. E’ fonte di grandi disagi per il cittadino, di ostilità per le imprese, di lontananza per gli investitori. I suoi tempi sono inaccettabili per tutti. Le procedure inefficienti e obsolete in ambito penale, civile, contabile e amministrativo.
L’Italia ha, oggi più che mai, la necessità assoluta di una profonda riforma dell’ordinamento giudiziario, della magistratura e di un nuovo sistema normativo, capace di espungere migliaia di leggi confuse, contraddittorie e spesso inutili, la cui interpretazione genera discrasie che angustiano la vita del cittadino. Il nostro sistema giudiziario non va al passo con la storia, con le evoluzioni politiche, economiche, sociali e culturali ma procede con regole incerte ed antiquate, apparentemente ignaro di ciò che determina con le sue decisioni, inappuntabili, nel migliore dei casi, in punta di diritto, ma oltremisura lontane dalle esigenze di funzionamento di una moderna società democratica di matrice solidaristico sociale. La imponente rivoluzione verso la ricerca della verità, quindi, non può che partire dal rimodernamento dell’ordinamento giudiziario italiano.
Questo tipo di riforma dovrà diventare il simbolo di un rinnovato protagonismo dei cittadini onesti, un rilancio etico oltre che economico del nostro Paese, affidato alla lungimiranza di un legislatore che metta l’uomo al centro dei propri interessi, ritenendolo fine ultimo (e mai mezzo!) dell’ordinamento giuridico. Non dobbiamo mai dimenticare che le regole sono fatte per aiutarci a vivere civilmente e non debbono essere una gabbia stretta per i più deboli, mentre i più forti prosperano tranquillamente sulla prevaricazione e sull’inefficienza diffusa. Il nostro, purtroppo, è un Paese spesso senza responsabilità: troppi assassini in libertà, troppi mandanti di stragi ancora ignoti, troppe ingiustizie in ogni campo e questo accade perché l’Italia è diventata un luogo dove è sempre più facile aggirare la legge.
Per rimediare a questa degenerazione, giustizia e verità dovranno essere valori inviolabili di ogni singolo cittadino, ne hanno diritto le vittime, i loro familiari e tutti coloro che chiedono il riconoscimento di un diritto. Per fare questo occorre che i cittadini siano messi nelle condizioni di interpretare il loro ruolo nel modo più attivo e partecipativo possibile. Purtroppo, in questo momento storico, siamo orfani di tanti grandi uomini che hanno fatto la storia più nobile del nostro Paese.
Sono convinto, tuttavia, che se vogliamo costruire un’Italia “nuova”, diversa, libera dal ricatto delle mafie e della politica corrotta, la riforma della giustizia debba essere giocoforza il pilastro portante per la costruzione del nuovo edificio. Ho più volte detto, in occasioni istituzionali e non, che i politici non possono più sottrarsi dal dare il proprio contributo per riconquistare i valori della giustizia e della verità da tempo perduti. I modelli a cui ispirarsi sono nostri padri costituenti e coloro che per lottare le illegalità diffuse hanno sacrificato la loro vita.
Occorre, infine, uno moto d’orgoglio di un popolo avvilito che, nonostante tutto, può ancora sperare in un’Italia dove giustizia e verità siano realmente i valori fondanti di una nuova democrazia.