Più che spiegare cosa sarà “La notte del lavoro #narrato” ci terremo a spiegarvi i “perché” che spingono, incitano, imprimono in noi l’incontenibile passione che prende forma nell’organizzazione di questa serata dedicata interamente a questo protagonista.
Tanti questi perché che abbiamo difficoltà ad elencarli; proviamo così a raccoglierne una parte in uno strumento che tanto c’è caro proprio per la sua unicità nell’universo del racconto: Perché vogliamo raccontare l’Italia che pensa lavoro, dunque valgo, merito rispetto, considerazione.
Perché ci piace l’Italia che dà più valore al lavoro e meno valore ai soldi, più valore a ciò che si sa e a ciò che si fa e meno valore a ciò che ha. Perché raccontando storie è possibile attivare processi di innovazione e incrementare il valore sociale delle organizzazioni e delle comunità nelle quali lavoriamo, studiamo, giochiamo, amiamo, in una parola, viviamo. Perché ci piace l’Italia del barista e della scienziata, dell’artigiano e dell’impiegata, del musicista e dell’operaia, del ferroviere e della manager, dell’apicultore e del meccanico che con il loro lavoro, con l’intelligenza, l’amore, l’impegno che mettono nelle cose che fanno, possono determinare le condizioni per determinare il cambiamento culturale di cui il Paese ha bisogno.
Perché ci piace l’approccio dell’artigiano, quello che ti fa provare soddisfazione nel fare bene una cosa «a prescindere», qualunque cosa essa sia: pulire una strada, progettare un centro direzionale, scrivere l’enciclopedia del dna. Perché siamo persone in cerca di una cultura, di una vocazione, di quella «cosa che fai con gioia, come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo», come diceva Josephine Baker. Perché «le storie che raccontiamo alla fine si prendono cura di noi.
A volte una persona per sopravvivere ha bisogno di una storia più ancora che di cibo. Ecco perché inseriamo queste storie nella memoria gli uni degli altri. È il nostro modo di prenderci cura di noi stessi» (Lopez, 1999). Perché «un racconto non è solo un semplice susseguirsi di eventi, ma dà forma al trascorrere del tempo, indica cause, segnala conseguenze possibili» (Sennett, 2002).
Perché abbiamo bisogno di mille, diecimila, centomila Omero pronti a testimoniare, raccogliere, raccontare, socializzare le storie di lavoro che vogliamo diventino la colonna sonora del nostro futuro. L’anteprima nazionale, per chissà quali variabili astrali o chissà, magari per semplici affinità morali e culturali, composte da persone e da incontri non programmati, prenderà vita nell’entroterra Cilentano, nel profondo Sud Italia, tra i suoi paesaggi e con le persone che lo popolano, in “paese“: Caselle, dove prende vita, grazie sopratutto al lavoro, il #paliodelgrano e il #campdigrano; in una notte da ricordare e far ricordare. Caselle in Pittari, le sue case, le vie, i vicoli, l’anello intorno al Paese creato da via Indipendenza, i cinque angoli nei quali dipingeremo, leggeremo, narreremo, canteremo storie di lavoro, faranno da palcoscenico a questa notte straordinaria che avrà come protagonista la passione delle persone per il lavoro.
Come ogni buon racconto che si rispetti, oltre ad avere un luogo dove si svolgono i fatti, avrà anche dei protagonisti che saranno uniti durante il loro viaggio, proprio come una compagnia: Adriana Cappelluzzo, Antonio La Gamba, Michele Granato, Antonio Pellegrino, Giuseppe Rivello, Alessio Strazzullo, rappresentano la compagnia che nei cinque angoli del centro storico di Caselle accoglierà con le sue letture, le culture, i dipinti, i racconti, i filmati i veri protagonisti della nostra notte, le cittadine e i cittadini di Caselle, di Sapri, di San Giovanni a Piro, di Atena, del Cilento, della Campania, dell’Italia, che sceglieranno di leggere, narrare, recitare, rappresentare, storie di lavoro.
Non saranno gli unici a vivere questo racconto: In realtà i viaggiatori saranno almeno 25, tanti quanti i partecipanti a #CampDiGrano. Si, proprio loro, i nostri campisti, che nel loro zaino, nella cassetta con i ferri del mestiere, avranno di certo un libro, un’idea, una storia di lavoro ben fatto da narrare nel corso della serata. La spiga di grano come filo conduttore, e poi in ciascuno dei cinque angoli paglia, libri, arnesi, strumenti del mestiere (contadino, scrittore, scultore, startupper, tutti accomunati dalla stessa identica passione), parole chiave, citazioni, post-it. E il resto lo farà la poetica bellezza delle vie del centro. Sì, siamo arrivati, eccoci a #CampDi Grano, dal 14 al 21 luglio, a Caselle in Pittari. Vi aspettiamo numerosi, con la vostra passione, con i vostri libri, le vostre poesie, le vostre canzoni, le vostre storie che parlano di lavoro, di sudore di cose ben fatte. Perché Tutti fremono per ascoltarle.