Ma che ci sarà nell’ormai famoso “Masterplan” per il Mezzogiorno, annunciato come iniziativa del Partito Democratico per metà settembre? Difficile trovare qualche suggerimento dalla passata elaborazione politica, che negli ultimi mesi e anni si è tenuta ben lontana dal tema. Qualche primissimo indizio può forse venire da alcune dichiarazioni recenti di esponenti del governo.
Cioè la possibilità, ventilata dal Sottosegretario Morando, che gli sgravi contributivi varati nel 2015 siano destinati all’anno successivo solo alle assunzioni nel Mezzogiorno; e le dichiarazioni di ieri del Ministro Padoan, per il quale possono forse essere immaginate “agevolazioni fiscali per il Sud“. Si vedrà meglio nei prossimi giorni. D’altra parte l’impegno, con data, c’è stato, e di questo va dato atto; e in autunno ci sarà la Legge di Stabilità. Quella dell’anno scorso non verrà certo ricordata come una delle più favorevoli al Mezzogiorno, che ha solo contribuito con 3,5 miliardi di euro, già destinati al suo sviluppo, al finanziamento degli sgravi contributivi, disegnati in maniera identica in tutto il paese, senza alcuna graduazione territoriale.
Quest’anno possono essere benvenute, per cominciare a invertire la rotta, misure specifiche che possano dare un po’ di fiato alla domanda interna, e all’occupazione. Certamente però l’impatto della Legge andrà accuratamente valutato nel suo insieme. Ad esempio l’effetto distributivo fra i cittadini (e quindi fra i territori) della detassazione delle prime case per i proprietari più abbienti – misura certamente di carattere regressivo – e le coperture per la finanza locale. Ancor più, essendo previsto che molte risorse (si parla di 10 miliardi), vengano dalla spending review, e in particolare dalla sanità, sarà bene guardare a come questi tagli così forti, che si aggiungono a tutti quelli degli ultimi anni, saranno ripartiti. Questo portale dedicato al Meridione si sta occupando da tempo di come il carico delle misure dell’austerità si sta distribuendo fra territori e cittadini, mettendo in luce come spesso (per la verità quasi sempre) i criteri di riparto siano assai discutibili, e finiscano con il penalizzare le aree più deboli del paese. Della Legge di Stabilità andrà dunque necessariamente fatta una valutazione d’insieme.
Proprio questa considerazione ci può riportare al Masterplan: da una riflessione sulle vicende degli ultimi anni potrebbe venire qualche suggerimento almeno per il suo indice. Le grandissime difficoltà del Mezzogiorno contemporaneo non cadono dal cielo né derivano dall’indole dei suoi abitanti. Sono il frutto velenoso della grande crisi europea, e delle conseguenti politiche dell’austerità. Sotto tre fondamentali aspetti: la riconfigurazione dei grandi servizi pubblici, e quindi dei diritti di cittadinanza, a cominciare da istruzione, sanità e assistenza sociale in un periodo di grandi tagli di bilancio e di aumento della pressione fiscale locale; il crollo degli investimenti pubblici; le difficoltà del sistema delle imprese (e quindi del lavoro nel settore privato) a causa della debolezza della domanda interna, pubblica e privata, e delle grandi contemporanee trasformazioni dell’economia internazionale.
Se non stiamo parlando, come tutti speriamo, di “tirar fuori qualcosa” per tener buono il Mezzogiorno e i suoi elettori, riflettere su come rilanciare il Sud ci fa incontrare questi tre grandi interrogativi: come assicurare, in un tempo di risorse scarse, migliori (e non minori) servizi ai cittadini del Mezzogiorno? Come indirizzare i fondi disponibili per interventi che producano, in tempi ragionevolmente rapidi, un significativo miglioramento delle dotazioni infrastrutturali, materiali e immateriali? Come rilanciare il sistema delle imprese per assicurare una cospicua domanda di lavoro (anche per i giovani a migliore qualificazione)? Questioni fra loro intimamente legate, giacché solo agendo insieme sui tre fronti si possono produrre risultati strutturali. E che solo in parte possono trovare risposta in una migliore qualità e rapidità nell’impiego dei fondi “speciali” (quelli europei e l’ancora misterioso Fondo Sviluppo e Coesione), pur assolutamente indispensabile e opportuna. Perché incrociano tutte le grandi politiche pubbliche: dalla scuola e università al “federalismo fiscale“, dalla salute al contrasto della povertà, dalle politiche dell’energia a quelle dei trasporti e della logistica. Come sempre nella sua storia, essendo il Mezzogiorno in Italia, la sua sorte dipende dalle grandi scelte nazionali.
Questa riflessione non vuole e non deve portare a ritenere che, se non si affrontano pienamente le tre grandi questioni non si può far nulla. Un segnale forte dove i primi effetti possono venire anche dalle decisioni delle prossime settimane; un futuro diverso che si costruisce sempre un passo alla volta. Ci vuole pragmatismo e senso della misura. Va ricordato che un governo ambizioso non può non avere una visione d’insieme; non può pensare di ottenere grandi risultati, ad esempio, con qualche sgravio fiscale se contemporaneamente chiudono università e ospedali; o incentivando le assunzioni senza che vi sia una forte politica industriale; o riaprendo qualche cantiere infrastrutturale senza definire il ruolo dei grandi porti del Sud nei traffici internazionali. Non siamo, purtroppo, in una difficoltà congiunturale, ma in un grande tornante storico – con molti elementi di preoccupazione – per l’intera Italia. Pensare prima e costruire poi, giorno dopo giorno, un Mezzogiorno diverso, non è un esercizio minore, una questione di dettaglio: è la declinazione territoriale delle grandi scelte che il paese deve fare; la cartina al tornasole che può far capire se l’Italia, tutta, sta riprendendo davvero un percorso di sviluppo interrotto da troppi anni.
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