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Si ricordano del #Sud una volta l’anno
10 Ago 2015 07:24

Si  ricordano del Sud una volta l’anno. Come succede a Natale, che siamo tutti più buoni, o alla Domenica delle Palme, che si fa la pace con quelli con cui ci guardiamo in cagnesco. Accade tutti gli anni, all’indomani della presentazione dell’annuale rapporto Svimez. Un giorno o due di sdegno e preoccupazione, di riflessioni, di promesse, poi tutto torna come prima. Il Mezzogiorno resta ignorato e dimenticato.

Il grido d’allarme della Svimez, rimasta ormai l’ultimo baluardo di una questione meridionale del tutto rimossa dalla politica, quest’anno è drammatico. La povertà sta diventando endemica; gli indicatori sono perfino peggiori di quelli della Grecia. Il rischio – che sta diventando una penosa certezza – è che un’intera area del Paese sia condannata alla povertà ed all’arretratezza. Senza che nessuno s’indigni veramente.

Nei commenti di questi giorni c’è puzza di ideologia a buon mercato,  ed una diffusa ipocrisia. Si lamenta il problema del Sud, sorvolando del tutto sulle ragioni, profonde e strutturali, che lo hanno innescato. Così, si riduce la questione meridionale a un mero problema di economia, di congiuntura (e non per quello che è: una grande qiuestione nazionale, e politica), fornendo l’assist al premier Renzi per liquidare la faccenda con toni paternalistici: “Basta coi piagnistei, rimbocchiamoci le mani“, come se la questione meridionale fosse un’invenzione dei meridionali.

La manfrina serve ad esorcizzare ed occultare la ragione vera della questione meridionale, che è, resta e sarà (fintanto che non verrà definitivamente superato), il divario sempre più accentuato che contrappone il Sud al Nord. Bisognerebbe urlarlo ai quattro venti, senza stancarsi: è illusorio pensare di risolvere i problemi del Mezzogiorno se non verrà superato il divario che lo divide dal Nord.

L’’insostenibile divario interno è, del resto, un problema tutto e solo italiano, nell’Europa tanto citata, invocata e presa a modello. Una questione che dura da centocinquant’anni, e che si aggrava come certifica la Svimez, ogni anno di più, mentre la Germania in soli vent’anni è riuscita a recuperare e colmare le differenze che lì erano scavate e sancite dal  Muro.

Il problema vero è che il divario può essere risolto soltanto in un modo: dando un po’ meno a chi sta bene, e dando di più a chi sta male. In Italia è successo e succede il contrario. Il sottosviluppo del Mezzogiorno contribuisce allo sviluppo del Settentrione.

Fino a quando non si avrà il coraggio di ammetterlo con onestà sarà impossibile invertire la rotta: il Nord continuerà a prosperare, il Sud a descrescere e a dannarsi l’anima. Fino all’inferno.


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