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Quella catena di torri che salvò il Sud

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Diciamocela tutta, intorno ai Saraceni verte totale confusione.

Chi erano costoro?

Nei vari secoli, con tale nome, si sono indicate genti di varie specie.

Gli storici hanno attinto a piene mani in tale termine. Noi ci atteniamo ad un uso più immediato.

I saraceni furono per primi gli Arabi, poi i Turchi.

Gli arabi furono un popolo migrante, composto anche da predoni. Anche.

Parliamo del V secolo dopo Cristo in poi. Per i Turchi dell’impero Ottomano siamo al XV.

Si è fatta breve digressione, per arrivare a descrivere lo stato in cui si trovava il Mediterraneo. Dove si combattevano vari popoli e scorrazzavano varie insidie umane.

Abbiamo citato i saraceni perché essi, insieme ai Turchi, furono il terrore e la dannazione di tutte le coste del meridione d’Italia.

La gente che viveva nel giro di poche miglia dalla costa, era preda perenne di scorribande sanguinosissime.

Ancora adesso sopravvive il detto “mamma li turchi!”.

Il problema si pose ai governanti del Regno di Napoli, quando esso regno prese connotazione compiuta.

Non si poteva tollerare tale mano libera da parte di incursori sistematici.

Gli Angioini, popolo francese che iniziarono a ragionare in termini di Stato del Sud, diedero ordine di costruire una catena di torri con soluzione di continuità.

Si trattava di torri di avvistamento, che erano a vista d’occhio l’una dall’altra, in modo da poter dar segnali di fumo, quando veniva individuato il pericolo dal mare.

Il progetto non andò a totale compimento. Le torri avevano un costo e vi fu difficoltà a reperire i fondi.

Così, quando il popolo francese dovette lasciare il Sud, le torri finirono in possesso dei feudatari, che le usarono per proteggere le loro terre, fregandosene dei centri abitati.

Dobbiamo attendere il XV secolo, quando gli Spagnoli, altro popolo occupante del Regno, misero seriamente mano alla questione.

E vi fu un antefatto che fece ampiamente preoccupare. Nel 1480, ad Otranto, causa mancanza di avviso, i saraceni arrivarono all’improvviso, perpetrando una delle più abominevoli carneficine della loro storia.

Ciò spinse ulteriormente a dotarsi di difesa efficace.

Alla metà del 1500, un vicerè spagnolo, di cui è superfluo menzionare il nome, emanò un ordine perentorio. La catena di torri si deve fare, a qualunque costo.

Vennero così sequestrate le torri ai feudatari e costruite quelle necessarie. Impresa non semplice per più di un migliaio di chilometri di costa.

Le spese vennero imputate ai centri abitati, in virtù del numero di cittadini ivi presenti.

Nacque una baraonda tra universitas, come venivano chiamati i centri e il vicereame. Le universitas reclamavano che i censimenti di cittadini erano stati effettuati male. E quindi gli esborsi non erano razionali.

Comunque alla fine del secolo le torri erette erano nel numero di 339. Ma certi vizi italiani sono datati nel tempo. Così si registrarono molti casi di muratori allegri, che avevano posto molta sabbia in luogo delle pietre, determinando numerosi crolli.

Inoltre molte torri furono scelleratamente costruite alla foce dei fiumi e altre perirono per incuria.

Solo nel ‘600 si costruì un progetto serio e così, tutta la costa del meridione, dall’Abruzzo, passando per Puglia, Calabria, Basilicata e Campania, ebbe le sue fortificazioni.

Le torri erano quadrate, rettangolari, a stella e cilindriche. Erano alte circa 15 metri, con una circonferenza di circa 20 e con una porta d’ingresso a circa 7 metri dal suolo.

Le torri servirono a mitigare i massacri e ancora sopravvivono in larga parte nelle nostre terre. A testimonianza di un terribile passato che stride con il presente.

Ora, infatti, rappresenta un pericolo anche l’arrivo di barche di poveri migranti a Lampedusa.

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Published by
Gianvito Pizzi