“Vesuvio..Vesuvio…lavali col fuoco!” Questo grido echeggia vergognosamente in molti stadi dove gioca il Napoli Calcio e anche dove non gioca.
Credo che meriti la considerazione di un’analisi, che serve a rompere la catena di spiegazioni qualunquiste.
Usero’ lievi rudimenti psicanalitici per spiegare un fenomeno che non puo’ prescindere da essi.
Purtroppo la rappresentazione sociale del cittadino di Napoli, e’ di genesi semplicistica e ammantata di luoghi comuni, ovvero meramente: un uomo furbo, scaltro, un maestro dell’arte del “vivere alla giornata”, con una generale allergia alle regole.
La filmografia di mezzo secolo ha fomentato sfaccettature e lati pittoreschi, distribuendoli nelle menti degli italiani con cadenza ritmica. Si inizia con Vittorio De Sica, si passa per Antonio de Curtis, si incanala in Nanny Loy e continua con De Crescenzo.
In essa e’ scenografato un napoletano povero, ma capace di ridere delle proprie disgrazie; un napoletano furbo, che salassa e fa fare la figura del tonto al malcapitato del Nord, con tanto di pacco paccotto e contropaccotto; un napoletano che in Tototruffa 62, riesce a vendersi, nientemeno, che la fontana di Trevi.
Ma ci sono anche lati oggettivi che sono antipatici. Tutta la nazione mette le cinture di sicurezza con grande fastidio, e a Napoli ci si inventa la maglietta con il disegno della cintura. Tutta la nazione mette con rabbia il casco sulla moto e nei filmati dei tg, si vedono dei ragazzini napoletani viaggiare senza casco (sono minoranza ma ci sono).
Non sono esempi edificanti, ma al di sotto della piccola borghesia di questa nazione e in alcune parti di essa, e sottolineo la classificazione scientifico sociale: parte della piccola borghesia e al di sotto di essa, questi accadimenti vengono vissuti con frustrazione, quella dell’invidia.
Una frustrazione che viene manifestata contro Napoli ed i napoletani, solo in un luogo dove l’invettiva e’ stata da sempre il simulacro: come lo stadio durante una partita.
Da quando il Napoli Calcio e’ un progetto serio, che veleggia stabilmente nei vertici del campionato italiano, l’innesco frustrativo e’ piu’ immediato. Allora echeggia quel coro becero, da interi settori degli spalti di varie citta’, anche metropoli nazionali.
Ho fatto accenno alla psicanalisi in quanto il tema, appunto, e’ quello dell’invidia e della frustrazione. Perche’ purtroppo, dietro quello sprezzo, si nasconde una voglia di emulazione. Infatti, la miseria culturale, porta una parte di cittadini del Nord ad avere un’ammirazione celata, per chi riesce a gabbare lo Stato di “Roma ladrona”, su cui Bossi ha costruito un partito.
Non vorrei essere frainteso. Quindi mi esprimo meglio. Il popolo italiano, in alcuni segmenti, e’ composto da individui che vedono lo Stato come un nemico e invidiano coloro i quali riescono a non rispettare le regole senza pagare il conto. Ed i napoletani, a torto o ragione, passano per coloro che riescono a farlo meglio.
E’ un discorso di miseria culturale, appunto, ma e’ sciocco non tenerne conto. Il livore che vediamo da parte di taluni individui del Nord, nell’attaccare lo Stato e le Istituzioni, a loro dire malate e fradice, e’ direttamente proporzionale ad un’ammirazione latente verso coloro i quali non tengono le regole in considerazione. E quei “maledetti” e divertenti film, a cui accennavo, hanno dato l’impressione che esiste un popolo che riesce a fregarsene ed andare oltre.
Nel film “I tartassati” un Antonio De Curtis le prova tutte con il maresciallo della Tributaria Aldo Fabrizi, per sfuggire al controllo. Nei film di Nanni Loy, la fantasia non ha confini nel vivere sull’ingenuita’ altrui.
Puo’ sembrare semplicistico, ma e’ tutto qui l’origine di quel violentissimo coro. Che non vive nella realta’ quotidiana, ma in un contesto di competizione e difficile da estirpare da parte degli organi di controllo.
Tutto cio’ descritto indigna i napoletani onesti, cioe’ la maggioranza della citta’, quella poco scenografica, quella colta, quella raffinata, quella nostalgica, quella ricca, quella nobiliare, quella produttiva, quella creativa, quella determinata.
Tutto cio’ ferisce domenicalmente, una delle capitali europee della cultura, cosi’ famosa nel mondo, da far pronunciare nei film di Hollywood : “Vedi Napoli e poi muori”. Perche’ generazioni di scrittori e poeti, hanno scritto che non si puo’ terminare la propria vita senza aver ammirato quel golfo sublime, sovrastato da un meraviglioso vulcano. Che non punisce, ma toglie il fiato e ti fa respirare.
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