I magistrati tornano ad affrontare il nodo degli incarichi politici alle toghe. Le Giunte distrettuali dell’Anm di Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta in una nota fanno sapere che “intendono avviare un confronto ed una seria riflessione sul tema della partecipazione dei magistrati alla politica attiva” e sottolineano che “permane una preoccupante disattenzione del legislatore sul tema che ha assunto rinnovata attualità e che ha rilevanza fondamentale per il prestigio della politica e della giustizia“.
Per l’Anm siciliana “il diritto individuale del magistrato di accedere alle cariche politiche non può ritenersi assoluto, ma deve essere coordinato con i principi costituzionali dell’autonomia e dell’indipendenza, che meritano tutela prioritaria e che impongono di evitare anche la mera possibilità di offuscamento dell’imparzialità del magistrato“.
Le Giunte sollecitano “un intervento legislativo che disciplini le modalità di accesso dei magistrati alle funzioni di politica attiva ed introduca forti ed ulteriori limitazioni, quantomeno di tipo territoriale e funzionale, dell’elettorato passivo, dell’accesso diretto alle cariche amministrative e di governo, nonché del ritorno del magistrato all’esercizio delle funzioni giudiziarie, non escluso, in taluni casi, il divieto“.
“Va manifestato, quindi, – si legge nella nota – pieno apprezzamento per la recente iniziativa del C.S.M. che ha deliberato l’apertura di una pratica sulla questione e va espresso l’auspicio di una sua rapida definizione, con l’approvazione di una stringente normativa secondaria in materia. Nell’attesa va ribadito e rinnovato con forza l’invito ai magistrati di attenersi alla regola del codice etico, secondo cui ‘nel territorio dove esercita la funzione giudiziaria il magistrato evita di accettare candidature e di assumere incarichi politico-amministrativi negli enti locali’“.
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