Sette anni fa da Caltanissetta Confindustria Sicilia lanciò la sua sfida al racket del pizzo introducendo nel codice etico il ripudio del pizzo e l’espulsione delle imprese che non denunciano gli aguzzini: adesso tocca ai corrotti. La svolta, questa volta, parte da Milano, cuore della finanza italiana.
Entro un mese Confindustria introdurrà misure anti-corruzione nel codice. Ad annunciarlo è stato il delegato nazionale per la legalità Antonello Montante. Che ha scelto un luogo simbolico per la nuova battaglia degli industriali: un convegno della Fiom. Confindustria risponde così all’appello fatto appena una settimana fa nel corso del woorkshop Ambrosetti a Cernobbio, dal presidente dell’Authority anticorruzione, Raffaele Cantone.
L’ex pm aveva chiesto aiuto agli imprenditori nella lotta alla corruzione. Perché oltre alle leggi, aveva argomentato Cantone, serve una “battaglia culturale”, una lotta in cui gli imprenditori possono avere una parte importante come ha avuto Confindustria in Sicilia nella guerra alla mafia. Per Montante però anche altri devono fare la loro parte, come la politica. Il ragionamento riguarda la gestione dei beni confiscati, che “devono essere gestiti da persone competenti e associazioni in prima linea come Libera, il riutilizzo sociale dei beni è necessario per ripagare la collettività“. E poi le banche. Qui, il tema è il rating di legalità, “uno strumento importante a sostegno delle piccole e medie imprese, le banche devono applicarlo“, ha affermato Montante. “Gli associati di Confindustria per l’85% sono piccoli imprenditori con fatturato medio di 3 mln di euro” e a causa della crisi “non ce la fanno“, ha sostenuto.