Non sono solo canzonette diceva Edoardo Bennato parlando di musica popolare. E aveva ragione. E anche il calcio, così carico di significati e di contenuti psicologico-sociali e interessi economici, da tempo non è più solo un gioco a punti. Da uomo intelligente, napoletano atipico dall’accento toscano, lo sa bene anche Maurizio Sarri, l’allenatore del Napoli.
“A Torino porteremo l’orgoglio della nostra gente” ha dichiarato ai microfoni di Sky sport l’allenatore, pensando già alla partita di domenica contro la Juventus. “Orgoglio”, che significa senso di appartenenza e identità. Una bandiera del cuore, che si identifica anche in simboli della storia e nelle maglie della squadra.
Affidare al calcio il riscatto totale di una città certo, si ripete da anni, è fuori luogo. Ma la squadra può fare da volano, diventare un traino per richiamare a maggiori responsabilità e amore per la propria città, risvegliando in tutti un senso civico figlio della comune appartenenza, che sembra sempre più sfumarsi.
Chiedere troppo ad un gioco? Forse sì, ma se il campionato di calcio mette di fronte squadre che rappresentano una città, e spesso un’intera regione o area geografica, un motivo deve pur esserci. L’Italia delle subnazioni, delle storie e identità diverse unite politicamente in un’unica Nazione, in questo modo riconosce le sue diversità culturali. Diversità che sono sempre ricchezza.
Purtroppo tutto questo degenera spesso nei pregiudizi, nei cori e striscioni razzisti, nel modo di definire gli avversari e le loro origini con stereotipi esistenti già all’alba dell’unità d’Italia. Il Vesuvio che deve ingoiare tutti, il richiamo al colera, alla puzza, a tutte le definizioni da preclusione culturale e non conoscenza verso i napoletani e i meridionali è retaggio di storia, non solo di stupidità da tifoserie degenerate. E, per questo, ancora una volta il calcio dimostra che non è solo un gioco, ma anche altro.
Nelle maglie azzurre si identificano delle radici. E ci deve essere pure un motivo per cui i Napoli club sono diffusi in tutto il mondo, la squadra della città viene vista all’estero e tra gli emigrati meridionali come simbolo e ricordo della casa lontana e dell’intero Sud. Lo ha capito bene da tempo il presidente De Laurentiis, lo capì ancora prima il presidente Ferlaino artefice della squadra vincitrice di due scudetti e una coppa Uefa. Storia, identità, squadra di calcio possono sovrapporsi.
“Un giorno all’improvviso” la tifoseria potrebbe riscoprire l’orgoglio, come dice Sarri, della propria napoletanità che è storia, cultura, tradizioni che danno lustro a tutta l’Italia. Senza indugiare mai a difenderne la degenerazione: la napoletaneria, che ne è brutta copia ed è folklore esteriore, stereotipo, negatività che piace tanto in altre regioni perchè è spunto e occasione di disprezzo. Se orgoglio deve essere dietro Higuain e compagni, sia, dopo i gol, occasione di un riscatto culturale.
Lascia un commento