In occasione della presentazione del Position Paper contenente le proposte italiane per l’Europa, il Premier Renzi è tornato a ricordare l’importanza del completamento dell’Unione Bancaria, con la creazione del Fondo comune di Garanzia per i depositi: uno strumento in grado di ridurre i rischi attraverso la condivisione e rafforzare la fiducia, necessaria premessa alla stabilità. C’è davvero bisogno oggi di affermare con forza il principio di solidarietà nel sistema del credito europeo, partendo da regole chiare e definite per tutti. In gioco c’è la crescita omogenea dell’intera eurozona oltre che l’interesse diretto dei risparmiatori. A questo proposito ripropongo qui alcune mie riflessioni pubblicate sul quotidiano L’Unità del 20 febbraio 2016.
I toni sempre più vivaci della polemica tra l’Italia e la Germania hanno acceso i riflettori su uno scontro in atto oramai da mesi a Bruxelles. Il dibattito è molto ampio e coinvolge diversi provvedimenti già in discussione o attesi per i prossimi mesi. Alla base ci sono due visioni profondamente diverse del processo di integrazione Europea, visioni che per diverso tempo si è cercato di conciliare in una lenta e faticosa ricerca del compromesso, ma che le ripetute crisi degli ultimi anni hanno hanno evidentemente estremizzato. La frattura è arrivata sulla cosiddetta Unione Bancaria (UB), l’ambizioso progetto che rappresenta la risposta europea alla crisi finanziaria.
L’architettura dell’UB è nota da tempo e si compone sostanzialmente di tre pilastri: il primo, il Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU), trasferisce la responsabilità della vigilanza sui più importanti istituti di credito continentali dalle autorità nazionali ad un organismo appositamente creato in seno alla BCE. Il secondo pilastro, il Meccanismo di di Risoluzione Unico (MRU), interviene in caso di crisi bancaria, garantendo una “risoluzione” ordinata dell’istituto in difficoltà ed evitando il contagio alle altre banche. Il terzo pilastro, il Sistema Europeo di Garanzia sui Depositi, dovrebbe garantire che in nessun caso le crisi bancarie possano investire i correntisti, evitando quindi episodi di “corsa agli sportelli” che in passato hanno amplificato enormemente le crisi finanziarie.
La solida impalcatura su cui doveva poggiare la finanza Europea è però rimasta un traballante sgabello. Il MVU ha iniziato ad esercitare le sue funzioni nel 2014 analizzando i bilanci di decine di banche europee. Ne sono emersi severi giudizi su alcuni istituti italiani, gravati dai crediti elargiti a famiglie ed imprese e deterioratisi durante la crisi, ma come alcuni osservatori hanno evidenziato, anche importanti lacune nell’analisi che ad esempio non tiene in considerazione la presenza di derivati tossici in diverse grosse banche continentali o il fatto che alcune di esse stanno in piedi solo grazie ai copiosi aiuti di stato ricevuti. La disparità di trattamento si è fatta più evidente nei mesi precedenti quando l’Italia ha chiesto di poter effettuare un intervento volto allo smaltimento dei crediti deteriorati, generalmente riconosciuti come un freno alla ripresa nel nostro paese. Solo dopo estenuanti trattative la Commissione ha concesso all’Italia quello che ad altri paesi era stato concesso in misura ben più ampia.
Arriviamo all’anno in corso. Dopo una lunga attesa la Commissione ha finalmente presentato una proposta per il completamento dell’UB, il pilastro mancante, il Sistema Europeo di Garanzia sui depositi. Sebbene in maniera limitata e con un approccio graduale nel tempo, questa proposta introduce un elemento di solidarietà nel sistema Europeo. Con una clamorosa retromarcia però è arrivata un’alzata di scudi da parte tedesca: Merkel, il super ministro Schauble ed il plenipotenziario in Europa Weber hanno ripetutamente rigettato la proposta. La motivazione addotta sarebbe il rischio legato all’eccesso di titoli di Stato, giudicati rischiosi, nei bilanci delle banche del Sud Europa. Curiosamente, nelle ore immediatamente successive lo stesso Schauble è intervenuto per tranquillizzare i mercati sulla solidità di Deutsche Bank, che “vanta” al proprio attivo 54.700 miliardi di euro di derivati, pari a venti volte il PIL tedesco e a cinque volte quello dell’eurozona.
Sempre Schauble ha infine anteposto alle Garanzie sui depositi l’introduzione di un limite all’acquisto di titoli di Stato da parte delle banche, misura che avrebbe un costo altissimo per l’Italia. La Germania che ha sempre rifiutato ogni ipotesi di condivisione anche parziale delle garanzie sui debiti sovrani dell’area euro, propone quindi che ogni paese tenga il proprio debito, la cui sostenibilità diventa più complicata, e che i risparmi vengano invece condivisi e indirizzati più facilmente verso i paesi forti del Nord Europa.
Le parole di Schauble mi hanno ricordato quel vecchio film in cui durante un combattimento un pugile dice al suo avversario: “Stai fermo e fatti menare”. Bene ha fatto Renzi in questi giorni a chiarire che questo non avverrà: volere fortemente un’Europa più unita e integrata non significa una resa incondizionata a tutte le pretese di una destra ideologica e irrazionale.