Vorrei chiarire meglio la mia posizione sul referendum del 17 aprile, aprendo anche una discussione su questa pagina,con quanti di voi lo vorranno.
Il tema della politica energetica è cruciale. Sull’orizzonte che sapremo individuare si basa non solo la nostra capacità di contribuire alla tutela del pianeta in cui viviamo, ma anche il nostro futuro di crescita sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
È chiaro a tutti che per molti motivi, non solo ambientali, dobbiamo abbandonare i modelli di consumo di produzione e distribuzione dell’energia a cui siamo abituati . Dobbiamo gestire una transizione veloce e positiva verso l’energie rinnovabili.
Quello che mi chiedo è se lo strumento referendario sia adatto a fornire risposte puntuali e concrete a questioni così importanti per il nostro Paese ma anche estremamente articolate e complesse.
Può un quesito che sposta il piano del contenuto su quello dell’emotività o peggio della strumentalizzazione, essere considerato la pietra angolare cui affidare la nostra politica energetica o la coerenza delle nostre battaglie ambientaliste?
La direzione regionale del Pd sardo è stata la prima a mettere nero su bianco l’impegno per un futuro Carbon Free, in anticipo sulle scadenze europee del 2040.
Il percorso verso le rinnovabili è sacrosanto e va gestito mettendosi con pazienza e buon senso intorno a un tavolo per decidere insieme modi e tempi non più rimandabili per transitare da una situazione basata su combustibili fossili ad una basata sulle rinnovabili. Uno stacco netto non esiste, come non esiste in questo caso il si o il no.
Sono per il SÌ : per un veloce abbandono dei combustibili fossili e per un contemporaneo investimento nel risparmio energetico e nella diffusione delle rinnovabili distribuite anche attraverso la Rete (Smart grid). Quindi sono perché non si facciano nuove ricerche e perforazioni, né in mare né a terra.
Sono per il NO all’ipotesi che, nel periodo di transizione verso un continente Carbon free, si possa consumare gas del mediterraneo libico o algerino ma non quello italiano, per il quale sono già stati fatti gli investimenti infrastrutturali. Questa ipotesi non ci farebbe fare nessun passo avanti nel percorso di affrancamento dai combustibili fossili. Risponde semplicemente al facile istinto di scaricare ad altri la responsabilità: “va bene purché non nel mio giardino”. Al costo però di maggiore incertezza e persino maggiori pericoli per l’ambiente e per il mediterraneo in particolare .
La transizione, a mio parere, si può gestire meglio continuando ad investire e prevedendo per il nostro mare regole ancora più severe per la sicurezza ambientale, sia per quanto riguarda le piattaforme di estrazione esistenti, sia per quanto riguarda il pericolo, ben più rilevante, legato al traffico delle 260.000 petroliere in transito ogni anno nel mediterraneo.
Poiché non si può votare sì e no contemporaneamente significa che il quesito referendario rimasto non solo è minimale – riguarda infatti solo la possibile proroga di circa 90 concessioni in corso che potranno arrivare all’esaurimento del giacimento a condizione del l’esito positivo di nuove valutazioni di impatto ambientale e di sicurezza, ma è soprattutto un quesito mal posto e fuorviante . E significa che il referendum su un simile quesito non è lo strumento per promuovere le politiche di difesa ambientale nel mediterraneo o l’accelerazione di un processo di transizione verso un Paese Carbon free che fa affidamento sul risparmio e sulla creazione di una rete intelligente di tantissimi nodi distribuiti di produzione e di consumo di energia rinnovabile.
Ritengo sia stato un errore mantenere un referendum su iniziativa di alcuni consigli regionali (per la prima volta nella storia della repubblica) per quest’unico quesito . Penso che con meno strumentalizzazioni e una maggior volontà di dialogo nello spirito di leale collaborazione tra Regioni e Stato centrale, si sarebbe potuto agevolmente trovare una soluzione attraverso il confronto nella Conferenza Stato – Regioni.
In considerazione delle diverse ragioni per il SI è per il NO, seppur entrambi motivate dalla comune volontà di fare avanzare la transizione verso le rinnovabili, Sabato scorso la Direzione Regionale del Pd ha deciso di non dare indicazioni di voto e di lasciare libertà di coscienza. In tanti, tuttavia, abbiamo sottolineato l’inopportunità di questo referendum.
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