Non sarò, breve.
Ho sempre pensato che Brescia, e più in generale la Brianza, avesse un problema causato da forza maggiore. La forza maggiore era la nube fuoriuscita dalla centrale di Chernobyl nel lontano 1986. La nube, che le correnti di alta quota avevano portato anche sulle provincie di Bergamo e Brescia, aveva causato un improvviso impazzimento generale e questo aveva creato tutta una serie di problemi, in massima parte psicologici, alle popolazioni di quelle zone. Il fenomeno del leghismo, del razzismo, della xenofobia erano, nella mia testa di ragazzo cretinetto, legati a questo: lo dico perché ho sempre pensato che i brianzoli, gente seria, lavoratori, senza grilli per la testa, fossero del tutto estranei e innocenti rispetto alle pratiche tristi e populiste dei loro rappresentanti politici.
Poi però è arrivato re Silvio e le cose sono cambiate. In Brianza, lo so perché ci sono stato anche per lunghi periodi, Retequattro è una specie di religione di Stato. Emilio Fede per i suoi lunghi anni è stato un vate, un priore, un abate, il custode del sacrario, l’innalzatore dell’ostia consacrata. E così si spiega il fenomeno di domenica scorsa, la manifestazione di amore universale verso il grande re Silvio, in quella stessa piazza che quaranta anni or sono fu sconvolta dal peggiore attentato fascista della nostra storia recente.
Domenica a Brescia c’erano due anime dell’Italia, le peggiori. La prima era quella degli accecati, gente pronta a mettere la propria mano, la propria casa, i propri figli sul fuoco nella convinzione assoluta e certissima che Berlusconi sia un signorotto geniale, attaccato da ogni parte da quei cattivoni di giudici comunisti manovrati dai comunisti sovietici, anzi da Stalin in persona, che vogliono a tutti costi cacciarlo via dall’Italia, dal Mondo e ucciderlo a cannonate. Silvio non si tocca, Silvio non ha mai corrotto, concusso, pagato, toccato una donna se non con un fiore, Silvio è santo, eccetera eccetera.
Domenica però a Brescia c’era anche tutta un’altra parte di gente che voleva vedere Silvio in galera. Che lo chiamava ‘pezzo di merda’, che urlava slogan volgari, che faceva il segno delle manette, ghigliottina, gogna, forca, che voleva vederlo in ceppi con la testa china, in lacrime e in ginocchio a implorare il perdono di Cristo e la pietà del giudizio del Popolo.
Bene, questa è l’Italia dei peggioristi, tutti quanti. La prima, piccolissimo-borghese, idiota, immemore, ignorante e rincoglionita dalla televisione. La seconda, popolare, analfabeta, forcaiola e fascista, fottuta dal più agile dei social network, quello che pretende di spiegare il mondo in 140 parole, buono per le battute di un comico e per quel pensiero sloganaro che tanto va di moda tra i cinquestellati e gli ultracomunisti putiniani. L’orrore che causano in me queste due Italie, questa gente che viene alle mani nella pubblica piazza senza capire nulla o quasi nulla dell’oggetto del loro contendere, rasenta l’indicibile.
I primi, gli accecati, i non udenti, gli immemori, i piccolissimo-borghesi più ignoranti d’Europa, ignorano o fanno finta di ignorare che l’uomo al quale manifestano amore e devozione è lo stesso uomo che 13 anni fa gridava dai palchi che il referendum sulla separazione delle carriere dei giudici (che oggi gli appare come la più importante e fondamentale riforma dell’universo), era un referendum comunista, e che bisognava andare al mare e non a votare. E siccome è uno che ha potere e parecchio interesse, lo gridava in tre televisioni, a gran voce, rincoglionendo i suoi e quelli come lui, e la gente accecata, allora come ora, andava al mare e non a votare. “Ci penserò io, appena eletto”, disse il re. E tutti a crederci. Bè, se ci credono ancora adesso, che è passata una vita e lui non ha fatto niente, niente di niente di niente di quello che ha detto, figurarsi allora.
I secondi sono quei nazisti della giustizia che a Brescia contestavano. Pezzi di rifondaroli, autogrillini in miniatura, travagliati magistristi, pseudoarancioni dalla manetta facile, ingroiati e ingroiabili, magistrateghi e giustizialisti, nei quali non fanno fatica ad infiltrarsi facinorosi dei centri sociali, anarchici col papà importante e psicotossici che non ciavevano gnente da fà. Analfabeti totali della garanzia per il cittadino e della presunzione d’innocenza, essi condannano chiunque al primo titolo di giornale, non approfondiscono niente, vogliono la gente in galera per il solo fatto che è riuscita ad avere uno straccio di consenso popolare. Ah, sei stato eletto senatore? Vaffanculo, sei come gli altri, ladro, vai a lavorare, kasta, pezzo di merda, in galera in galera! Questi insegati totali del diritto e del dovere non sanno che in Italia non esiste la pena di morte ma esiste la morte per pena. Lo stato delle istituzioni carcerarie è il peggiore d’Europa e di larghissima parte del mondo. L’Italia è il paese con il maggior numero di condanne da parte della corte Europea per la sua continua, trentennale violazione dei diritti umani nelle carceri. Violazioni che riguardano il sovraffollamento, le condizioni igieniche, ambientali, psichiche e psicologiche dei carcerati, ma tutto a suo tempo.
Oltre ai sopracitati peggioristi, che rappresentano due terzi del paese, dobbiamo aggiungere i signori che stanno nel mezzo, gli illuminati miglioristi, alfieri della legalità e del diritto che vorrebbero essere portavoce degli ultimi, mentre gli ultimi periscono nelle nostre carceri di depressione e follia e si uccidono a ritmi sconvolgenti. Questi signori, soci in campagna elettorale con una parte dei nazigrillini e oggi al governo con gli accecati Silvioti, danno del cretino o del vecchio rincoglionito a Marco Pannella, che disperatamente tenta di mostrare al Paese quanto esso sia ridotto al lumicino nell’esercizio dei più elementari diritti di democrazia e giustizia, e commentano alla velocità della luce le puttanate televisive satireggiando superiori con il loro cinguettio, e sanno tutto, e capiscono tutto, e governano con chiunque si metta a disposizione del loro migliorismo da quattro soldi. Anche loro hanno promesso e non fatto nulla, in perfetto accordo con il re, con la curia papale e tutti insieme appassionatamente con le multinazionali di mezzo mondo a inneggiare al lavoro a cottimo e al sol dell’avvenir.
L’Italia intanto è il paese con i tempi della giustizia più lunghi del mondo. Non contempla più l’esercizio della pena alternativa, stringe accordi con Telecom per l’utilizzo di 600 bracciali elettronici, paga 100 milioni di euro per questo contratto e poi usa 6 – leggasi sei – bracciali elettronici. Rinnova quindi per un altro anno l’accordo con Telecom e paga ancora altri 110 milioni di euro per questo contratto. Ci sono 147 detenuti ogni 100 posti, e il 21% di questi detenuti attende giudizio. In quanto a violazioni, sovraffollamento morte per pena e disagio ci battono solo Serbia e Grecia. Il berciare continuo dei tre terzi dell’intera popolazione criminogena e criminale del paese non risolverà mai neanche metà della metà dei problemi che ha causato. Ma siccome questo berciare fa audience, e siccome questo è il paese in cui la dittatura del proletariato ideologico è già realtà, siccome siamo una Corea del Nord senza armi nucleari, e ancora di più lo saremo fin quando la voragine del debito di denaro, cultura, pensiero liberale e attenzione al prossimo ci avrà fagocitato, allora avanti così, compagni e camerati, come ieri, come sempre.
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