Debole, per questo fortissima. La Calabria antifragile può diventare il luogo dell’innovazione, soprattutto sociale. Una utopia? No, un processo che sta già accadendo, nei fatti.
Non illudiamoci: la nostra terra scivola spesso lungo le classifiche economiche, in fondo alle statistiche. Basta citare pochi numeri per ricordarlo, i più recenti: la forbice, per esempio, che separa i bambini del meridione da quelli delle regioni settentrionali è molto ampia. Tra il 22,5% al Sud e il 76,3% al Nord, secondo l’Istat. In sostanza, da noi il numero di asili nido e di servizi per l’infanzia offerti da Comuni è drammaticamente inferiore a quello delle regioni più viortuose. Un dato che, se unito a quello di qualche mese fa prodotto da uno studio di Demoskopika – secondo cui la disoccupazione femminile nel 2013 in Calabria è balzata al 23,5% – la dice lunga sulla nostre più diffuse difficoltà.
La Calabria, insomma, lo sappiamo, non è una terra per donne – e a quanto pare nemmeno per bambini. Nè per giovani, però, e tanto meno per i più deboli: qui è tutto più difficile, più controverso. Eppure, da questo male che ci portiamo appresso come morbo incurabile, con l’afflizione di chi lo vive e si rassegna, può nascere una riscossa. Se non immediatamente economica – La scossa evocata, per esempio, da Francesco Delzio qualche anno fa, in un omonimo libro – almeno culturale, ideale. La Calabria dei giovani creativi non è infatti solo fragile, ma anti-fragile – in grado, cioè, per riprendere il concetto spiegato da N.N. Taleb, di innovare, cambiare e cambiarsi proprio perché stimolata dalle difficoltà quotidiane.
Una illusione? Non proprio. Il cambiamento può esserci, già serpeggia. Lo vedo, lo incontro – un esempio: il progetto Sisaf Calabria, per una sanità diffusa e poco costosa, cui sto partecipando in prima persona –, la mutazione la leggo. Nello scorso numero di Corriere Innovazione, per esempio, il nuovo progetto editoriale del Corriere della Sera dedicato ai territori in movimento, un ampio reportage di Andrea Bettini, ha raccontato proprio gli innovatori della nostra terra. “Dai Calabresi Creativi a Viaggiart, da Graphid3a a Scalable Data Analytics: tutti a caccia della via che collega impresa, turismo e cultura” – si legge nella didascalia al pezzo, dedicato alle startup e ai progetti più creativi della nostra terra. Insomma, se fossimo su Twitter dovremmo pubblicare il lungo pezzo con l’hashtag #socinn: innovazione sociale. Ecco cosa sta accadendo.
Guardo il fenomeno con gli occhi di una neofita, lo ammetto, e di una curiosa. Da qualche tempo sono coinvolta nell’avventura di conoscere, capire, analizzare l’innovazione sociale legata alla tecnologia. Non si fa sui manuali, si guarda per strada. E sto provando a farlo, ad incontrarla. Ne scrivo, allora, perché ho una convinzione: chi può godere, come talvolta capita a me, di spazi di visibilità ha un compito. Soprattutto qui. Farsi portavoce di una mentalità nascente, capace di rifiutare ogni logica di assistenza e di puntare al fare da sé, alla creatività, alla riscossa delle anime prima che delle statistiche. Perché questo è il più urgente passo da compiere, importante come lo slancio iniziale di un corridore, all’inizio di una gara: dobbiamo cambiare mentalità. Inventare qui progetti in grado di risolvere problemi iper-locali con soluzioni tecnologicamente avanzate e importare, quando adattabili, sistemi che hanno funzionato altrove -un esempio? L’Alveare, spazio di co-working tra mamme nato a Roma, al Quadraro, proprio per rispondere alla carenza di asilo nido comunali e al costo, a volto difficilmente sostenibile per una donna lavoratrice, di quelli privati.
Insomma, i nostri ragazzi – supportati anche dalle istituzioni e soprattutto dalla grande forza motrice dell’Università – stanno trasformando la Calabria da una terra debole in una terra antifragile, in grado di reagire. Non abbiamo un patrimonio più grande. Raccontiamolo, allora, perché i creativi non siano una nicchia. Colgo l’occasione di scrivere di tanto in tanto per ringraziarli. Possono, infatti, davvero cambiare la realtà. Anche la nostra.