Chi si mette in malattia a Natale fa un danno all’immagine dell’Ente, ai colleghi che si ammalano per davvero, ai tanti che lavorano con dedizione e alla città. La “natalite” è un’offesa alla mia generazione.
Le pubbliche amministrazioni con oltre 5000 dipendenti, come la nostra, sono oggi le più grandi aziende del Sud Italia, e al loro interno dovrebbero esserci i cavalli di razza sfornati dalle nostre università e dalle nostre scuole.
Il rispetto del lavoro lo si deve avere per quei ragazzi di 20 anni che vediamo sugli scooter, oggi, con la violenza nelle mani e gli occhi senza futuro, con la necessità di scoprire la parola dignità, quella dignità che solo il lavoro può darti.
Io metterei ora la firma se potessi diventare dipendente comunale assunto a tempo indeterminato dall’amministrazione della mia città e mi ricorderei del precariato della mia generazione ogni giorno.
Ci vogliono regole diverse nel pubblico impiego. Monitoraggio della produttività e formazione continua devono regnarla da padroni.
Diversamente il pubblico impiego si trasforma solo in rendita ed assistenza e si sviluppano virus aberranti come la natalite che si cura a pillole di badge.