“Il modello mafioso italiano, che nel nostro Paese si è radicato ed esteso al di fuori delle regioni di origine – aggiunge Grasso – si è espanso in diverse aree del globo trovando terreno fertile, sia per vicinanza geografica che per facilità di contatti e di comunicazioni, nell’area dei Paesi del Mediterraneo“. “Basta guardare con una prospettiva geopolitica il Mare sul quale si protende il nostro Paese per comprendere quali minacce, e opportunità, si presentano per noi.
La sponda sud del Mediterraneo e l’intera regione del Mediterraneo allargato sono scosse da tre anni da un violento tsunami che propaga instabilità in tutto il mondo. Profonde fratture geopolitiche si aprono fra Oriente e Occidente, fra Levante e Golfo, lungo linee di faglia vecchie e nuove“, aggiunge. “La principale – prosegue – è fra Oceano Indiano e Mediterraneo orientale: snodo geologico (competizione per gli idrocarburi), geoenergetico (competizione per le infrastrutture di esportazione), georeligioso (sunniti contro sciiti), etnico (arabi contro persiani), geopolitico (Iran contro Arabia Saudita). Poi le minacce del jihad globale. Infine, la collisione fra le obsolete strutture sociopolitiche dei regimi e le giovani energie che hanno innescato le rivoluzioni“.
Poi, sottolinea il presidente del Senato, ha giocato un suo ruolo anche quella che “troppo presto e troppo retoricamente abbiamo voluto considerare una ‘primavera araba’“. “I rivoluzionari – sottolinea Grasso – animati da impeto di libertà, non hanno saputo gestire gli esiti provvisoriamente favorevoli delle rivolte e le controrivoluzioni hanno spesso preso il sopravvento“. “Le conseguenze di questo quadro drammatico – osserva – sono complesse, e particolarmente per l’Italia. L’instabilità danneggia l’economia, aggrava la povertà endemica di molti paesi della regione; i conflitti producono movimenti di profughi in cerca di una vita migliore, o almeno di una vita possibile. La debolezza delle frontiere, l’anarchia istituzionale apre nuovi corridoi per i traffici di droga, di persone, di armi, di cui l’Italia è il primo terminale“.
“Se da un lato la criminalità si alimenta di una debolezza strutturale già presente sul territorio, dall’altro genera una serie di gravi conseguenze, come la sottrazione di risorse alla collettività, la riduzione delle prospettive di sviluppo, la diminuzione delle opportunità di occupazione, l’abbassamento della produttività del lavoro, l’aumento dei prezzi di dei beni al consumo“, afferma ancora il presidente del Senato.
Lascia un commento