La sconfitta di Scelta Europea è netta, chiara. Lo spazio politico moderato e liberale è occupato dal PD di Matteo Renzi: il Presidente del Consiglio non ha vinto solo la campagna elettorale, i cui toni e temi sono stati spesso determinati da Beppe Grillo, ma ha vinto, in sostanza, il Governo.
La campagna, infatti, è stata lo scontro tra due poli distinti: il sistema, incarnato da Renzi, un sistema nuovo, finalmente fattivo e dinamico, e l’anti-sistema, rappresentato dai 5Stelle.
Gli italiani, però – e per fortuna – non sono anti-sistema, non vogliono la rivoluzione ma un cambiamento positivo, non violento. E così si sono espressi nel voto europeo, il più libero dalle logiche locali, ancorato solo a temi e visioni politiche: hanno scelto il rinnovamento dentro le istituzioni e non contro le istituzioni, ancorandosi a quella che Renzi definisce la speranza. Ora è però il tempo di ragionare sulle prospettive di Scelta Civica, senza tentennamenti.
Il partito ha puntato sulla nascita e sulla crescita in Italia di un movimento liberal-democratico. Di tutta evidenza ormai bisogna riconoscere che si tratta di una opzione che, sia per ragioni profonde legate alla nostra storia che per cause contingenti dovute alla tempestosa evoluzione degli ultimi tempi, stenta ad affermarsi. Lo dico con rammarico ma senza reticenze. Si impone ora una riflessione profonda e priva di timori e titubanze. Non servono però le scorciatoie.
La sconfitta di Scelta Civica non è imputabile solo a responsabilità personali, che ci sono, ma riguarda tutto il progetto politico e la sua difficoltà nel trovare un radicamento nel paese. Una riflessione che va fatta seriamente e con i tempi giusti, non nello spazio di un mattino. Lo dobbiamo a noi stessi, al nostro impegno, alle tante energie che ognuno ha speso in questo viaggio.
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