Anni ottanta, parte seconda. A Roma, all’incrocio di viale Ippocrate con il parcheggio di Via Vigevano, c’era una cabina della SIP. Alle otto e mezza di sera diventava il luogo di incontro dell’intera compagine di matricole dell’università, circa cento, centocinquantamila persone. Si faceva a turno per telefonare a casa, perché i telefoni nelle stanze degli studenti non c’erano, i telefonini non c’erano, c’era solo la cabina di viale Ippocrate.
Eravamo quasi tutti del Sud, la maggioranza siciliani e calabresi. A quell’epoca la chiamata interurbana era ancora una specie di chimera: essa avveniva da poco tempo in teleselezione, e la televisione di Stato continuava a reclamizzarla incessantemente, la Teleselezione di Stato. I siciliani e i calabresi, che erano quelli che spendevano di più in telefonate, per attaccamento alla famiglia e per distanza chilometrica, ad un certo momento importarono ‘il metodo’.
Il metodo era una sequenza di azioni che permetteva di telefonare gratis dappertutto, per tutto il tempo desiderato. Ovviamente non ricordo più l’esatta sequenza, ma era una cosa di questo tipo: inserire il gettone, aspettare la linea, fare lo 0, quindi abbassare il gancio dove si riappendeva la cornetta con le dita per sei volte, poi attendere e riprendere la linea, quindi comporre il numero, parlare per tutto il tempo quindi chiudere la telefonata. La cabina ti restituiva il gettone e stop. Ovviamente non era questa la sequenza, e forse non si doveva nemmeno mettere il gettone. Il fatto era che già tra l’86 e l’87 la voce si era sparsa al punto che alla cabina di Viale Ippocrate la sera era diventata un luogo di ritrovo per centinaia di persone. Si fumava, si facevano chiacchiere, qualcuno portava le birre, perché tanto c’era sempre da aspettare dai tre quarti d’ora fino alle due o tre ore il proprio turno. Non saprei dire quanti soldi ciulammo alla SIP in quel lasso di tempo, di certo ci conoscemmo tutti, ci scambiammo idee ed esperienze, stringemmo amicizie mai più dimenticate. Erano altri tempi. Matteo Renzi aveva 11 anni. Un bel giorno arrivammo e la cabina era stata sostituita: il ‘metodo’ non funzionava più. L’allegra compagnia del telefono di viale Ippocrate si sciolse, ognuno prese la sua via, e di tutta quella massa di capelli e pensieri, risate, baci e chiacchiere non restò più nulla, come sempre.