Nelle urne siciliane vedo sei cose, come da tradizione anticipatrici degli eventi continentali:
1. Le elezioni senza gli elettori. Vota meno della metà degli aventi diritto, in discesa rispetto al passato. La cosa viene letta con immediata valenza negativa, ma c’è anche un risvolto positivo: in quel più del 53% di elettori che non votano c’è una parte che non voterebbe mai, una che ritiene siano tutti uguali e tutti da detestare, ma anche una che tornerebbe alle urne, se solo potesse trovarci qualche cosa di non repellente e delirante. Un esercito di riserva, al momento sbandato.
2. Le aree politiche che hanno governato al seconda Repubblica, il centro destra e il centro sinistra, qualsiasi cosa vogliano significare queste definizioni, raccolgono, sommate, sì e no il 27% dei voti reali. Sommate. Serve a niente aggiungere che gli ortotteri raccolgono, usando lo stesso criterio, il 16.
3. Sia il candidato del centro destra (complimenti a Nello Musumeci, in bocca al lupo) che (macroscopicamente) quello di centro sinistra prendono meno voti delle loro liste. Chi ha vista corta ci vede il loro non essere propriamente dei trascinatori, chi guarda più in profondità scorge un altro elemento: non c’è elettorato d’opinione.
4. Abbonda, invece, a favore del candidato pentastellato? No. Il Movimento 5 Stelle ha avuto un ruolo comunque positivo, sapendo portare alle urne elettori che, altrimenti, le avrebbero disertate. Ma ora crescono assieme all’astensione. Il loro candidato prende molti più voti della lista, ma, paradossalmente, essendo quello un movimento tutto d’opinione, ha un significato opposto: una parte dell’apparato della sinistra, e un pezzetto della destra, hanno fatto votare Cancelleri, ma per odio nei confronti del candidato con cui si erano alleati. Da movimento di popolo contro la casta a movimento spinto da caste contro non casti.
5. Matteo Renzi ha costruito una retorica che ebbe successo: sarò sbruffone, avrò pur fatto una riforma costituzionale che grazie al cielo non abbiamo dovuto sperimentare, ho fatto approvare una legge elettorale che costituiva un unicum di follia predatoria, critico l’Ue, voglio fare più deficit e più spesa, m’incamicio e mi scamiso a seconda del clima, distribuisco bonus in memoria di Lauro, ma, insomma, suvvia: sono l’argine civile al populismo. Non bella, come retorica, ma suggestiva. C’è un dettaglio: Berlusconi gli ha fregato il posto. Che lui, del resto, pensava di avere fregato a Berlusconi.
6. Difatti Berlusconi dice: “Sì, sono alleato con quel Salvini che, in caso di vittoria, telefonerebbe a Grillo, propongo di avere due monete, in modo che con la seconda si faccia debito che non si chiami debito, altri miei alleati sono per uscire dall’Ue, difatti nell’albero della cuccagna elettorale ho scritto che vogliamo meno Europa, ma, insomma sono l’argine civile al populismo”.
Di tutto questo sento la colpa. Ve lo dico con franchezza: è colpa mia. E’ colpa nostra. E’ colpa vostra. Se il corpo vivo della seconda potenza industriale d’Europa ha un simile sistema nervoso in disfacimento, la colpa è mia, nostra, vostra. Se ci accingiamo a far valere le nostre idee, tante volte illustrate, bloccando questa colossale e nazionale presa per il culo, tendiamo ad allearci con gruppi e persone indispensabili a non restare fuori, ma sufficienti a spiegare perché non vale la pena entrare dentro. Se c’incaponiamo a farlo da soli, soli restiamo, perché alla grande parte dei nostri concittatini piace da morire essere presi per il culo e provare a portare via l’ultima fetta dal culo del salame. Vero è che c’è l’esercito di riserva e sbandato, ma non si mostra, non si fa vedere e per raggiungerlo ci vogliono soldi che non abbiamo. Quindi finiamo con il conservare il diritto (dovere) di dire quel che vediamo, ma restando a guardare. E’ colpa mia. Nostra. Vostra.
Dal blog www.davidegiacalone.it
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