Perché tanto impegno nel giustificare la politica (e il potere economico che la esprime), con la storia? Se il Sud era già “povero, arretrato, oppresso” al momento dell’Unità (tre bugie), la sua condizione oggi non è figlia delle scelte degli ultimi 150 anni (e di come fu unito il Paese), ma della storia.
E se la storia è sempre la stessa, è “tutta colpa delle classi dirigenti del Sud”. Chi ne dubiti è “anti italiano”, sostiene “l’innocenza meridionale” (meridionale/innocenza: contraddizione), ne assolve le “miserabili, inefficienti, corrotte élite politiche e sociali” ed entra “in funzione del tutto sussidiaria e subalterna”, nel “nuovo blocco di potere”.
È la lezioncina di sempre, ormai replicata “a seguire”, dopo il noto riassunto di Ernesto Galli della Loggia. Mentre, chi dice “tutta colpa delle classi dirigenti del Sud” è pro italiano, “in funzione del tutto sussidiaria e subalterna” a élite del Nord che, alleate al centrodestra e con interlocutori disponibili a sinistra (scandalosi accordi con il Pd su federalismo e altro), da vent’anni minacciano secessioni con venti milioni di fucili, si puliscono… la faccia?, con il tricolore e lo bruciano in piazza; e, con uno di loro ministro dell’Interno, fanno allontanare, dai poliziotti, i “provocatori” muniti di tricolore e in Veneto è la seconda volta fanno un “tanko” separatista.
Dovessi scegliere, a razzisti e loro complici (oh, la dolente comprensione della grande stampa del Nord per Bossi, quando fu deposto dalla Lega per i maneggi con soldi pubblici!), preferirei i fetenti del Sud. Ladri per ladri, almeno non razzisti. Ma io non credo si debba scegliere fra il peggio del Sud e il peggio del Nord (opporlo al peggio del Sud non lo fa diventare il meglio).
Non so giudicare a lotti, ma con fatica, a uno a uno. E pure sbagliando.
Conoscete il sindaco di Riace? È Domenico Lucano, non ha telefono, segretaria o auto comunale; accogliendo profughi e rifugiati ha ridato vita a loro e al suo paese. È candidato al Nobel per la pace. Wim Wenders ci ha fatto su un docu-film. E Giovanni Manoccio, sindaco dell’italo-albanese Acquaformosa? Andate a vedere che comunità solidale, attiva, onesta, partecipe.
A Zafferana Etnea, retta da Alfio Russo, la differenziata è al 90 per cento; rifiuti e ceneri vulcaniche diventano risorse. Bari, con Michele Emiliano, è la città metropolitana con la più alta raccolta differenziata, il minor numero di dipendenti pubblici. Queste “miserabili, inefficienti, corrotte élite” le preferisco a sindaci del Nord che negano la minestra a bambini i cui genitori sono in arretrato con le rette, e al parlamento regionale più condannato e inquisito di sempre, dalla corruzione alla prostituzione, che è lombardo.
L’Expo di Milano, dopo anni di soldi e amministratori bruciati, si farà, e ridotta (arresti e appalti pilotati permettendo), su un’area strapagata a privati. Caso unico al mondo: persino la prossima edizione, ad Astana, Kazakistan, sarà su suolo pubblico. E potrei fare elenchi di buoni amministratori del Nord, opporli a pessimi del Sud. Come si fa a dire “tutta colpa…”, del Sud o del Nord? I nostri mali non nascono dall’aver unificato il Paese (cosa che la nascente civiltà industriale compiva dagli Stati Uniti al Giappone, all’Europa, dai cui imperi multietnici sorsero Stati nazionali), ma dall’averne ridotta parte a colonia interna, con minori diritti. Se no al Sud avremmo i treni come nel resto d’Italia, autostrade e non la Salerno-Reggio Calabria, più università e non emigrazione culturale, più aeroporti e non il Bari-Milano più caro del Bari-New York. Il peggio del Nord e del Sud ascoltarono poco i primi meridionalisti (settentrionali, specie lombardi). Si volle l’Italia “duale” e la si tiene tale, per distorta comunanza di interessi di pochi, e si accusa il Sud del ritardo impostogli.
L’Istituto ricostruzione industriale, nato con soldi di tutti per risanare industrie fallite del Nord, rifiutò di fare autostrade al Sud. Per la Salerno-Reggio Calabria, Giacomo Mancini, allora ministro, sostituì il capo dell’Anas, cui aveva inutilmente ordinato di costruirla. L’arteria poi si fece, ma il ministro la pagò cara. Il Sud è stato lasciato indietro. Emanuele Felice, nel suo libro parla di “ritardo” già nel 1861, ma è stato smentito, con i suoi stessi dati, dai professori Paolo Malanima e Vittorio Daniele. E fosse stato pur vero il ritardo, oggi è immensamente maggiore; per innegabile responsabilità di tutto il Paese, non solo del “blocco di potere della società meridionale”, che (con epurazioni taciute dagli storici) sin da subito fu scelto a misura della fedeltà agl’interessi del “blocco di potere del Nord”, a cui vanno i grandi appalti pubblici, da allora (salvo eccezioni da meritare) e la guida delle grandi agenzie di potere di nomina politica (dall’energia alle banche).
Il mantra “tutta colpa della classe dirigente meridionale” (e terroni che la votano) diviene ossessivo con il precipitare della crisi morale ed economica dell’Italia. E chi, del Sud, lo recita su giornali e tv? Docenti universitari, editorialisti di grandi quotidiani, dirigenti di Fondazioni, ex ministri-sottosegretari-assessori-consiglieri comunali. Terroni che contano ma tacciono, quando si tolgono risorse a scuola, sanità, infrastrutture del Sud, per dirottarle altrove.
Accusano la classe dirigente. E loro cosa sono? Non è che i responsabili del disastro nazionale, per non renderne conto, usino l’élite meridionale a loro subalterna, per scaricare le colpe sulla servitù? I nostri generali decimavano le truppe per punirle delle battaglie che loro perdevano. E oggi, chi ha deciso quasi sempre e quasi tutto, forse vuole assolversi accusando una “classe dirigente meridionale” che, se “sussidiaria e subalterna” nel potere, lo è pure nelle colpe. Ne ha, grandi, ma in proporzione a quelle enormi della classe dirigente nazionale che ha squilibrato il Paese, concentrando risorse e infrastrutture in CentroNord. I proconsoli del Sud accettano, in cambio di mezzi per comprare consenso e restare proconsoli.
Ma chi dice questo offrirebbe alibi al “blocco di potere” meridionale, in cui entra, da subalterno. “Sudisti”, li chiamano i “nordisti”, per distinguerli da “veri” meridionalisti e meridional-nordisti di complemento, con un ricorso sovietico a categorie verbali per condannare “l’altro”, a prescindere. Credo ce l’abbiano pure con me, nonostante abbia sempre rifiutato candidature e proposte politiche.
Di sicuro, con i neoborbonici, che da vent’anni scovano documenti ignoti agli accademici; mai uno di loro è entrato in politica e son tutti repubblicani, tranne alcuni che sognano il ritorno d’o Rre (e ho amici in Friuli che rivogliono Cecco Beppe; meno uno che preferirebbe i Borbone, avendone appreso dal figlio che ha studiato a Napoli). Ma per far politica serve un nemico («Stiamo per farvi qualcosa di terribile», disse Georgy Arbatov, agli americani, per spiegare la perestrojka: «stiamo per togliervi il nemico»). Se non ce l’hai, lo inventi. Facendo danni: una mamma, a Napoli, è disperata per la figlia, fidanzata con un bravo ragazzo, purtroppo non camorrista, drogato…, ma neoborbonico! La sorella, che vive a Milano, le fa i dispetti: sua figlia sta con il Trota.
Perché intellettuali molto potenti sostengono tesi così deboli (“Tutta colpa del Sud”), con mezzi così grandi? Un “ritornello vittimista” che ingigantisce alcune innegabili colpe, per oscurarne altre più grandi, presenti e storiche. Ormai, qualunque sia l’argomento, se non concludi con “tutta colpa delle classi dirigenti meridionali”, sei sudista, forse sudicio.
Il sospetto è che il coro nordista (chi di sudismo ferisce, di nordismo perisce) miri a creare clima e opinione pubblica per la secessione da Nord, ma “per colpa del Sud”. Non è così? Allora, maestrini padani e nordisti di complemento levino finalmente la voce contro il decreto che condanna a morte le università del Sud, per difetto di latitudine; l’assegnazione dei fondi per combattere l’evasione scolastica, che schiva la Campania, la regione più colpita, e inonda la Lombardia; la distribuzione del 97 per cento dei soldi per le scuole terremotate al Nord e il 3 per cento al Sud (dove ce ne sono la gran parte); le reti ferroviarie, elettriche, autostradali europee a Nord, da terzo mondo a Sud… Devo continuare?
Più dura il complice silenzio su questi temi, più fondato il sospetto che l’assoluzione in blocco delle classi dirigenti del Nord e la condanna in blocco di quelle del Sud preludano ad altre scelte politiche ed economiche a danno del Sud.
(fonte Il Mattino)
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