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Ecco il miliardo di euro che darà al #Sud #ricerca e #innovazione
19 Lug 2015 09:14

Con il Pon appena approvato arrivano 1,2 miliardi al Sud Italia per la ricerca e l’innovazione.

Le nostre regioni in ritardo di sviluppo (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) e quelle in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna) potranno cioè beneficiare del Programma operativo nazionale 2014-2020 per creare sviluppo e crescita, mettendo in collegamento università, ricerca e mondo del lavoro.

Si tratta di mondi che finora hanno fatto fatica a dialogare ma che devono funzionare sinergicamente se vogliamo far ripartire il Meridione. Fare innovazione al Sud sfruttando le risorse specifiche dei territori è fondamentale.

Con questi fondi, da programmare e predisporre strategicamente, diamo benzina al sistema e, nello stesso tempo, attraverso progetti di ricerca, consentiamo ai giovani ricercatori di spendersi nel proprio Paese, specie al Sud, puntando però a promuovere l’autoimprenditorialità. Così la ricerca esce dall’isolamento autoreferenziale e diventa leva di sviluppo, consentendo soprattutto di colmare i drammatici divari tra Nord e Sud.

Per questo non dobbiamo perdere opportunità: bisogna spendere, ma spendere bene. Il Pon 2014-2020 è uno strumento di crescita che non può perdersi in mere logiche assistenziali, né può essere usato per consolidare rendite di posizione negli atenei o negli enti di ricerca.

Mettiamolo a frutto per idee che si radichino nei territori, per creare sviluppo e ricadute in termini di occupazione.

Università, ricerca e lavoro non devono essere divisi in compartimenti stagni, devono essere funzionali l’uno all’altra, devono comunicare per creare condizioni di sviluppo sostenibile.

È una sfida difficile e complessa per il Sud ma dobbiamo raccoglierla. Il Pon 2014-2020 rientra nel quadro più ampio del Programma Nazionale per la Ricerca, che ha al suo interno la Smart Specialisation Strategy e il Programma nazionale per le infrastrutture di ricerca.

Tutto si tiene e tutto si muove per far sì che l’Italia viaggi a un’unica velocità. Per rendere competitivi i nostri ricercatori con il mondo globale ma nel loro paese.


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