L’8 agosto del 1956, a Marcinelle, 136 italiani, quasi tutti del Sud, moltissimi provenienti dal mio amato Abruzzo, morirono nel crollo di una miniera di carbone.
Italiani che avevano lasciato “al paese” mogli incinta, bimbi piccoli, fidanzate, amicizie, padri e madri.
Al netto di tutti gli errori fatti negli anni precedenti sui precari della scuola, fossi un insegnante che da Napoli deve andare a Milano, da Lecce è stato trasferito a Brescia o da Palermo a Padova, starei zitto.
Non parlerei di deportazione e mi concentrerei a fare bene il mio mestiere, sforzandomi di formare una generazione migliore di quella precedente.
Per rispetto dei morti di Marcinelle, oltre che di tutti i miei coetanei che, con una laurea in tasca, hanno fatto i bagagli e sono stati costretti ad andare in giro per il mondo anche a lavorare come lavapiatti, camerieri, pizzaioli e raccoglitori di frutta.
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