E’ utile che ci sia un Ministro per la Coesione Territoriale? E’ bene che il governo Renzi cambi ora la sua composizione e lo istituisca?
La risposta ad entrambe queste domande è sì, ma ad alcune condizioni. Vediamo perché. La scelta del governo Renzi di non prevedere, contrariamente a quanto fatto con gli esecutivi Monti e Lette, un Ministro per la Coesione Territoriale non è stata opportuna. Si tratta di una importante responsabilità politica.
Contrariamente a quanto alcuni ritengono compito di questo Ministro non è solo curare la spesa dei fondi strutturali. Quello è certamente un capitolo importante, specie in questo periodo in cui si sovrappongono la difficile chiusura (entro fine anno) del ciclo 2007-13 e l’avvio del nuovo ciclo 2014-20, che già mostra alcuni ritardi; si tratta di assicurare che tutti i vecchi programmi completino la rendicontazione e quindi si eviti il disastro politico di dover “restituire” a Bruxelles una parte dei fondi (che sarebbe un segnale pessimo per l’Italia in Europa) e di impostare le attività future per avere scelte politiche chiare di indirizzo, una forte concentrazione delle risorse, criteri precisi di definizione dei progetti e meccanismi di monitoraggio e valutazione tali che le nuove risorse siano il più efficaci possibile. Ma i fondi europei hanno un senso solo se si aggiungono ad una politica nazionale di coesione, che oggi non c’è; se si limitano a sostituire mancata spesa nazionale – come purtroppo da diversi anni avviene – non ci si può attendere granchè.
Per questo il Ministro per la Coesione Territoriale ha il fondamentale compito di disegnare una strategia, per tutto il paese ma con enfasi sulle regioni più deboli, che metta insieme le risorse europee, quelle nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione (su cui tuttora vi è grandissima incertezza) e soprattutto quelle ordinarie a disposizione degli altri Ministeri.
Una strategia che abbia obiettivi di medio-lungo termine chiari e condivisi, tempi di attuazione ragionevoli e soprattutto meccanismi di controllo del suo avanzamento. Sarebbe assai utile poter tornare a disporre, tra l’altro, del “Quadro Finanziario Unico”, un documento che esiste da fine anni Novanta (e di cui si sono perse le tracce negli ultimi tempi), che consente di verificare l’allocazione territoriale della spesa in conto capitale.
E sarebbe ancora opportuno che il Ministro chiedesse a gran voce di ripristinare la regola politica (eliminata all’epoca del Ministro Tremonti e mai più ripristinata) che stabilisce una equilibrata percentuale – rispetto al totale delle risorse di cui si diceva prima – che va destinata al Mezzogiorno. Inutile dire quanto questa strategia sia indispensabile di questi tempi: la spesa in conto capitale negli ultimi anni è crollata, specie al Sud. Nell’intero paese (e vi è motivo di credere, ancor più nel Mezzogiorno), la nuova spesa per investimenti è diventata inferiore al tasso di “obsolescenza” del capitale pubblico: in altri termini, il capitale pubblico disponibile (strade e ferrovie, scuole e acquedotti e tanto altro) si sta riducendo perché i nuovi investimenti non riescono nemmeno a stare al passo con l’invecchiamento delle strutture disponibili. Potrebbe essere la prima volta – tranne i periodi di guerra – in cui questo accade in Italia. Gli investimenti pubblici, come ricordato recentemente dal governatore Visco, sono una componente essenziale di una politica di rilancio dell’intero paese.
Ma non basta. La “missione” principale di un Ministro per la Coesione Territoriale è quello di interagire con il Primo Ministro e con gli altri componenti dell’esecutivo per assicurarsi che nell’ambito delle grandi politiche pubbliche (istruzione, sanità, assistenza sociale) i principi della coesione territoriale siano rispettati; cioè siano equilibrati i “meriti” e i “bisogni” dei cittadini di tutte le aree del paese. Non è assolutamente quello che sta avvenendo: come documenta cifre alla mano la Banca d’Italia, negli ultimi anni le politiche di spesa si sono ridotte in misura molto più intensa nel Mezzogiorno, e la tassazione locale è aumentata molto di più al Sud, a causa di regole, vecchie e nuove, che non tengono in alcun conto la coesione territoriale.
Ecco perché il Ministro per la Coesione Territoriale è un’ottima idea, ma a patto che il suo mandato sia questo: promuovere e garantire la coesione all’interno delle politiche pubbliche, di investimento e di spesa corrente e tassazione. Ed ecco perché la possibilità che adesso il governo Renzi ne crei uno è una buona idea, ma anch’essa a condizioni ancor più stringenti. La prima e principale è che il Ministro riceva un chiaro mandato politico dal Premier, e lo verifichi attraverso una profonda discussione in Parlamento. Cosa nient’affatto banale: l’attenzione del nostro Primo Ministro per il Mezzogiorno è assai saltuaria e discontinua; il Parlamento ha dato prove ancora peggiori: come riportato dalle cronache, all’ultima discussione sul Mezzogiorno erano presenti solo 12 deputati. Se non c’è investitura politica, e c’è solo la competenza nominale “coesione territoriale”, non cambia niente. Può essere anche peggio.
Il Ministro deve avere infatti non solo la piena fiducia e investitura del Premier, ma anche grandi capacità politiche e tecniche. Le prime, per interagire con gli altri Ministri, cosa non semplice; le seconde per guidare bene politiche per propria natura molto complesse, sottoposte a regole europee e nazionali, a vincoli normativi e tecnici. L’alternativa è divenire succube di una burocrazia ministeriale contro la quale, spesso a ragione, proprio il nuovo esecutivo si è più volte espresso.
Un Ministro inesperto andrebbe incontro ad un periodo di apprendimento di molti, molti mesi; e sarebbero molti, molti mesi di inattività: una circostanza che il paese, e in particolare il Sud, non si può permettere. In questo caso – è purtroppo lecito pensare – cambierebbe la forma ma peggiorerebbe, invece di migliorare, la sostanza. Non sono importanti i cambiamenti lessicali: tornare al Ministero della Coesione Territoriale è una scelta positiva solo se vi è un’idea politica, un mandato ampio e chiaro, una grande capacità personale.