Ogni tanto qualcuno, un po’ compiaciuto, dice con orgoglio che certe “cose succedono solo a Napoli”.
In genere collega la frase a qualche barzelletta umana. Un filosofo di strada che gioca coi numeri e il triccheballacche. Un venditore ambulante di cornicelli rossi che recita poesie in rima baciata (cuore-amore-dolore). Un venditore di calzini prendi tre paghi due paghi anche a rate. E varie amenità.
Oggi è il turno del caffè sospeso. Il fatto di lasciare un caffè pagato nei bar per chi è povero sarebbe segno del grande cuore della città.
Ecco: io preferirei che Napoli avesse meno di questo cuore e più cervello. E che succedessero cose normali.
Non cose che solo qui. Cose che anche qui.
Per esempio, un welfare di qualità, un servizio sociale serio, una vera comunità. Cooperazione.
Non la pacca sulla spalla ma la cultura del fare insieme. Una carta in meno a terra.
E, comunque, se fossi povero preferirei il pranzo sospeso.
Che dobbiamo fare con questo caffè?
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