A Lampedusa la memoria ha un numero: 366 quanti sono stati i morti del naufragio del 3 ottobre scorso, poche miglia lontano dall’isola più a sud del Mediterraneo che è frontiera naturale e obbligata delle rotte migratorie dall’Africa verso l’Europa.
Una strage che ha imposto una soluzione d’emergenza quale l’operazione Mare Nostrum, che ha messo finalmente fine alla conta dei naufraghi. Cinque unità militari della Marina italiana presidiano le coste a poche miglia dalle acque territoriali straniere e hanno messo in sicurezza circa venti mila migranti, tra questi molti uomini e donne che fuggono da guerre o persecuzioni razziali, nella loro traversata verso l’Europa.
Mare Nostrum – come racconta bene il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini che ho incontrato nella sua Isola in questi primi giorni in Sicilia – ha impedito il ripetersi di tragedie come quella del 3 ottobre.
Tuttavia, nulla ha potuto per fermare l’orribile traffico delle organizzazioni criminali che dalla sponda africana gestiscono il traffico delle carrette del mare, e nulla ha fatto per migliorare le nostre capacità di accogliere i profughi richiedenti asilo e facilitare il raggiungimento delle diverse destinazioni europee. Mare Nostrum può e deve essere migliorata.
Va, insomma, ideata una Mare Nostrum 2, come spiegano la Nicolini al Corriere della Sera, e Luigi Manconi sul Mattino e sull’Unità.
Occorre sovvertire l’approccio al problema: i richiedenti asilo, i profughi dalle guerre, i migranti devono essere accolti da un presidio europeo già nei porti africani di imbarco, e dove oggi la loro avventura verso la salvezza vive mille sofferenze, rischia di trasformarsi in tragedia ed alimenta la criminalità organizzata.
Istituire presidi europei perché le richieste di tutela vengano esaminate ed accolte prevedendo che l’Italia sia considerato un paese di transito per i migranti che sceglieranno altre mete finali per il loro viaggio. Impedire il sovraffollamento di strutture come i Cie o come i Cara dove, in condizioni spesso inaccettabili, i migranti attendono per molti mesi una risposta alla richiesta d’asilo o un eventuale rimpatrio.
Un impegno importante che necessita di una collaborazione reale fra i paesi che compongono il Parlamento europeo ma che l’Italia, soprattutto in vista del semestre di presidenza, deve porre con forza e convinzione.
Occorre non cedere a forze politiche di chiara vocazione razzista la soluzione, attraverso slogan populisti, di un tema che coinvolge non solo le politiche di accoglienza e solidarietà ma che affronta complessi fenomeni epocali di ordine demografico, sociale ed economico. L’immigrazione e l’accoglienza sono temi su cui si misura la maturità dell’Unione europea che, fin qui, nella gestione dell’emergenza, ha lasciato sola l’Italia.
E tocca a noi, partendo anche dall’esperienza maturata da sindaci come Giusi Nicolini, indicare una strada percorribile.
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