di Oscar Buonamano
Lorenzo Insigne con il suo gol al Belgio ha illuminato a giorno i Campionati europei di calcio. Una giocata che, da oggi in poi, impone a tutti di dire gol alla Insigne.
Lorenzo, il primo violino, Insigne coltiva quel modo di cercare il gol fin dall’inizio della sua carriera. «Ha segnato gol straordinari e riproposto, in versione aggiornata e personalizzata, il gol “a giro” sul secondo palo di Alessandro Del Piero […] Corsa, visione di gioco, piedi buoni e una sufficiente dote di altruismo ne fanno già oggi, a ventuno anni e con pochissima esperienza maturata sul campo, uno dei calciatori più completi del calcio italiano […] Gioca un calcio semplice, fatto di finte, dribbling e ha una straordinaria visione di gioco…».
Questo è un breve passo tratto dal libro “Il Pescara di Zeman” che scrissi con Sergio Cinquino nel 2012 all’indomani della vittoria del campionato di serie B del Pescara di Zeman. In quella squadra giocavano, insieme, Verratti, Immobile e Insigne. E l’altra sera, dopo il suo magnifico gol “a giro” contro il Belgio, ho ricevuto una pioggia di messaggi che elogiavano Lorenzo.
«Il tempo è un galantuomo, rimette a posto tutte le cose» scrive Voltaire e nel caso di Insigne è proprio così. Il campione di Frattamaggiore era già un calciatore fortissimo quando, Gian Piero Ventura, il peggior commissario tecnico della nazionale di tutti i tempi, lo lasciava in panchina. O quando ad allenare il Napoli c’era Mazzari che invece di incoraggiare e coltivare quel talento scoperto ed esploso calcisticamente alla scuola di Zdeněk Zeman, lo lasciava ai margini del suo progetto di calcio per il Napoli.
C’è voluto Roberto Mancini per far emergere e rendere evidente a tutto il mondo il talento cristallino di Insigne. Così come fece Zeman, il tecnico della nazionale italiana ha messo al centro del suo progetto tecnico la classe, l’abnegazione e la disciplina tattica di un giocatore che da diversi anni ormai è, per distacco, il miglior calciatore italiano in attività.
Adesso, finalmente, se ne sono accorti tutti. Adesso, nel pieno della sua maturità umana e calcistica, può e deve decidere al meglio per il suo futuro e stare lontano da tutti gli allenatori che mettono al centro del progetto tecnico loro stessi. Ce ne sono molti e hanno in comune una caratteristica che li contraddistingue e li accomuna: amano filosofeggiare con presunzione.
E invece il calcio bello è sempre figlio di pensieri semplici che si ripetono. E soprattutto è figlio della gioia di vivere e di considerare il calcio per quello che è: un gioco.
Insigne, la stella più luminosa di Euro2020, stia alla larga da tutti quegli allenatori che già dalla prima amichevole estiva camminano nervosamente davanti alla propria panchina guardando a terra o con lo sguardo perso nel vuoto e che non ridono mai. Cerchi, per il suo futuro calcistico, un allenatore che abbia le caratteristiche di Mancini. Un allenatore che trasmetta serenità, voglia di giocare al calcio e che esalti le sue qualità tecniche e umane.
La partita con il Belgio l’hanno vinta i calciatori italiani sul campo, tutti. Il bel calcio che questa nazionale esprime è certamente frutto del lavoro e dell’applicazione dei calciatori in allenamento e in partita. Ma senza un allenatore come Roberto Mancini non ci sarebbero mai riusciti da soli. La qualità migliore dell’allenatore nato a Jesi e oggi cittadino del mondo è quella di far giocare ogni singolo calciatore nel proprio ruolo, garantendo a tutti di esprimere le proprie qualità.
Non è una cosa da poco, al contrario è tutto. Chapeau.