Con il Napoli che si trova ancora ai primi posti nel campionato di Serie A, sembra strano parlare di una questione meridionale nel calcio. Eppure, di questo tema si dibatte ormai da tanti anni. Basti pensare che il quotidiano La Repubblica oltre vent’anni fa dedicò uno speciale a questo tema, facendo emergere il parallelismo fra la marginalizzazione del Sud e la decadenza delle squadre meridionali, in un periodo di forte crisi per il Paese. Anche allora, il quotidiano milanese sottolineò come fossero complessi e molteplici i fili che collegano realtà così diverse come la politica e il calcio. Tante e diverse ragioni di collegamento, che in realtà fanno capo al tema chiave del potere economico.
L’economia come elemento chiave per tutto
Aspetti che in teoria non dovrebbero avere nulla a che vedere con il mondo dello sport, anche se in pratica la relazione esiste, tanto che persino coloro che si affidano a un qualsivoglia sito di scommesse per cercare di far fruttare la loro passione per il calcio, spesso sono costretti a considerare elementi che con il pallone hanno davvero poco a che fare. A dimostrarlo è anche la storia recente. Nel 1990, all’epoca delle “Notti magiche” mondiali che vedevano protagonista Totò Schillaci, l’economia nazionale era fiorente, con aziende in salute sia al Nord che al Sud. Tra le due parti del Paese c’era un divario inferiore e anche nel calcio si rispecchiava questo equilibrio. Come forse dimostrano i due scudetti del Napoli, firmati da Diego Armando Maradona tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ’90. Guizzi straordinari, che non sono quasi più ricomparsi.
Le statistiche parlano chiaro
Le serie storiche, comunque, confermano che si è trattato di meteore passeggere. Secondo le statistiche, infatti, le squadre del Sud che hanno partecipato a un campionato di serie A dall’inizio della sua storia sono soltanto 14, con il solo Napoli che è riuscito a mantenersi tra le più rinomate. Anche in termini di risultati, da Roma in giù non c’è di che entusiasmarsi. Solo il Napoli e il Cagliari sono riusciti ad aggiudicarsi la gioia dello Scudetto. Per il resto il Sud è sempre rimasto ai margini e non ha mai avuto i successi che avrebbe potuto meritare. Ad esempio, su un totale di 203 scudetti assegnati nella storia della Serie A ben 186 sono andati alle squadre del Nord. Una proporzione che non cambia nemmeno nel campionato inferiore, dal momento che in serie B ci sono stati 51 campionati vinti da compagini meridionali contro i 95 portati a casa da squadre del Nord.
Le squadre del Nord sempre predominanti
Tornando alla massima divisione, va messo pure in evidenza che negli ultimi vent’anni a fare il bello e il cattivo tempo in cima alla classifica sono state più di frequente le squadre del Nord come Juventus, Inter e Milan. Squadre che appartengono a città ricche, dove il mondo degli affari va alla grande e dove si trovano anche le principali aziende. Insomma, tutto concorre a far capire che la questione meridionale non è un fatto esclusivamente politico, ma anche economico, che finisce per ripercuotersi a lungo andare anche su altri settori, come appunto quello del calcio. Solo così si riesce a spiegare come mai tra i circa 150 club falliti negli ultimi vent’anni, oltre un terzo sono squadre del Sud, anche abbastanza importanti come Napoli, Bari, Foggia, Reggina e Palermo.
La questione meridionale a 360 gradi
Il problema significativo però riguarda il fatto che al di là del calcio la questione meridionale investe tutti i settori della vita. In tal modo un numero significativo di italiani, che vive nelle regioni più deboli del Paese, gode di diritti di cittadinanza inferiori in quantità e in qualità. Vale per il settore della salute, ma anche nell’ambito dell’istruzione e poi dello sport, a livello professionistico e pure sul fronte delle rappresentanze giovanili e della formazione dei talenti. Al Sud mancano risorse a livello economico e sociale e i risultati si riscontrano sotto diversi profili. Esiste una soluzione? Una domanda che tanti si sono già posti e cui non è semplice rispondere. Basterebbe forse una volontà politica forte, cui seguissero dei fatti. E nello sport, la capacità di promuovere a livello locale incentivi per le squadre. Affinché possano coltivare vivai di giovani, ispirando in loro il desiderio di conquistare buoni risultati. Che serve in campo, ma anche nella vita: a tanti livelli.
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